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 2016  giugno 28 Martedì calendario

Polverino, il clan del pane di Gomorra

Il pane di Gomorra. Prodotto nei forni di fiducia del clan e imposto sul mercato con le regole del “sistema”: prezzi più alti, niente resa in caso di mancata vendita. «Quelli che non pagano e non comprano il pane da voi se ne vanno. O con le buone, o con le cattive», spiegava Carlo Lo Russo, ultimo capo della famiglia malavitosa egemone nella periferia settentrionale di Napoli. Le microspie, piazzate in casa del boss per ordine dei pm Henry John Woodcock ed Enrica Parascandolo coordinati dal procuratore aggiunto Filippo Beatrice, hanno ricostruito le modalità con le quali la cosca camorristica aveva messo le mani sull’affare sotto la regia di Lo Russo. Uno che, parlando con la moglie, teorizzava: «La malavita è un mestiere. Se non lo sai fare, cambia mestiere... come il muratore».
Ma anche un capoclan che veniva omaggiato, durante la festa di un nipote, da due cantanti neomelodici e dava la caccia ai nemici da ammazzare frugando fra i profili Facebook. Il 21 marzo scorso, proprio durante una “stesa” nel quartiere Secondigliano, una scorribanda criminale diretta ad uccidere o intimidire i rivali, due fedelissimi di Lo Russo travolsero e uccisero con il motorino una incolpevole donna di 64 anni, Giovanna Paino. E quando uno dei protagonisti racconta l’incidente, in casa Lo Russo si ride. «Non avevano chi uccidere questi qua... hanno ucciso una vecchia», si limita a commentare il boss.
Tutt’altra partecipazione emotiva traspare quando si parla di soldi. Come nel caso del pane. Lo Russo comincia ad occuparsene a dicembre 2015 quando, appena scarcerato, scopre che il nipote, Vincenzo, impone il prodotto «a nome del sistema» senza avergli mai detto nulla. Il boss “convoca” il nipote e, al culmine di una complessa trattativa all’interno dell’organizzazione, si raggiunge un accordo: nelle casse del capoclan, scrive il giudice Francesca Ferri, deve essere versata «una quota pari alla differenza tra il prezzo legittimo e quello maggiorato in base ai chili di pane prodotti e venduti tenendo anche conto delle spese per la produzione». Dunque, il pane sarà venduto a 1,30 euro al chilo, in luogo di 1,05. È uno dei panificatori del clan a spiegarlo a Lo Russo in un’intercettazione: «Se tu, per 4 mila pezzi di pane al giorno, unifichi il prezzo a 1,30 per tutte le parti vado a ricavare di più... tutti questi soldi che escono in più vanno a te!». Più volte, nelle conversazioni, il capoclan afferma esplicitamente: «Il pane è del sistema. E il sistema qui è Carlo Lo Russo», parlando di sé anche in terza persona. Il prodotto veniva imposto a commercianti, ambulanti e anche al titolare di catena di supermercati. Coldiretti lancia l’allarme: «Dal grano al pane, i prezzi a Napoli aumentano del 950 per cento, con il grano che è oggi pagato come trenta anni fa su livelli al di sotto dei costi di produzione attuali. A preoccupare è il fatto che accanto alle distorsioni di mercato si possano verificare rischi per la sicurezza alimentare». Non a caso, in altre conversazioni il boss sembra pronto ad invadere altri mercati: «Poi, all’anno nuovo, si passa al reparto mozzarelle, latticini. Chi impasta gli gnocchi, chi impasta quello... tutti devono pagare». L’indagine, condotta in piena sinergia dai carabinieri della Compagnia Vomero, dalla squadra mobile e dal Gico della Guardia di Finanza, ha portato all’arresto di 24 persone e rappresenta lo sviluppo dell’inchiesta che, pochi giorni or sono, ha portato al sequestro della società Kuadra, titolare di appalti per le pulizie in tutta Italia, i cui vertici sono ritenuti dalla procura collusi con il clan Lo Russo, al punto che molti esponenti della famiglia risultavano dipendenti dell’azienda. «La camorra – ricorda il procuratore Giovanni Colangelo – inquina l’economia. Ma noi ci siamo, speriamo che la gente collabori».