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 2016  giugno 28 Martedì calendario

«È un indolente miracolato». Rajoy è stato baciato dalla fortuna

Il marciapiede di calle Genova di fronte alla storica sede del Partito Popolare, a Chamberí, uno dei quartieri borghesi del centro di Madrid, pullula di giornalisti tv e telecamere. Molti gli anchormen stranieri sorpresi dall’exploit elettorale di domenica, dopo il quale, Mariano Rajoy, 61 anni, di Pontevedra, in Galizia, alla guida della destra spagnola da 12 anni, viene raffigurato, soprattutto nei talk show che qui dilagano sugli schermi del mattino, come il salvatore della patria che si eleva a contrastare l’onda montante del populismo. Non ci crede neppure lui a questa resurrezione mentre scende dall’auto applaudito da una piccola folla e s’infila nel portone inseguito dai cameramen. Ha l’aria imbambolata Rajoy, come ce l’aveva l’altra sera sul balcone della vittoria e qualcuno, mentre titubava sulle parole da pronunciare alla folla, l’ha tirato per la camicia: «Guarda Mariano che hai vinto le elezioni». Nello scenario bloccato dell’altalena tra il vecchio e il nuovo della Spagna, 14 seggi e il 5% in più di 6 mesi fa, sono un’enormità, un trionfo, un risultato che cancella tutte le dispute sul leader al capolinea che avrebbe dovuto ritirarsi dopo il tonfo di dicembre 2015, quando i Popolari caddero dal trono di prima potenza politica del Paese. Adesso, vedrete, dicono i suoi fan, cadranno anche i veti, quelli dei socialisti e quelli di Ciudadanos, che fino all’altro ieri si sono rifiutati perfino di riunirsi con lui, ch’era il diavolo di tutti i mali e che doveva scomparire per dar passo al cambiamento. Il voto, seppur senza regalargli la certezza di governare, neppure in alleanza con i giovani destri liberal di Ciudadanos (arrivano insieme a 7 seggi dalla maggioranza assoluta in Parlamento), ha rimesso Rajoy, sconfitto, umiliato e escluso sei mesi fa, al centro della scena.«È un indolente miracolato», dice perentorio Hermann Tertsch, scrittore di destra e editorialista di Abc, che non lo ama. «L’incubo dell’avanzata di Podemos e il crollo della Borsa dopo il Brexit hanno fatto capire a tanta gente che le cose, anche quelle meno probabili, possono accadere e sono brutali». «Rajoy – conclude – deve ringraziare il referendum britannico, altrimenti non sarebbe resuscitato». In effetti l’idea che si sono fatti di Rajoy anche a destra è quella dell’immobilista, un politico sostanzialmente passivo, senza solennità, né grandi progetti. «Non ha nessuna idea di Spagna da difendere – insiste Tertsch – lavora solo per se stesso e ha fatto un deserto intorno a lui, allontanando dal partito tutti i dirigenti che potevano fargli ombra. Da Esperanza Aguirre, ex governatrice di Madrid, a Gallardòn, l’eterno bimbo prodigio della destra». Ma è un politico fortunato, evidentemente.La sua carriera inizia all’ombra di Fraga, l’ex ministro del dittatore Franco ma anche grande amico di Fidel Castro, che traghetterà la destra spagnola, autoritaria e dispotica, all’approdo della nuova democrazia negli ultimi vent’anni del secolo scorso. Da adolescente Rajoy attaccava i manifesti di Fraga a Pontevedra, poi diverrà suo delfino. Il primo colpo di fortuna ce l’ha quando Zapatero batte alle elezioni Aznar. Il leader uscente della destra lo sceglie come successore alla guida del Pp, preferendolo a altri leader molto più brillanti di lui, perché è convinto di poterlo manovrare a suo piacere. Aznar doveva andarsene perché aveva perso le elezioni ma voleva restare segretario per interposta persona. E indicò Rajoy, che poi lo tradì. Il secondo colpo di fortuna fu la crisi del 2008 che travolse Zapatero e il rinato Psoe dei diritti civili. Senza muovere un dito, Rajoy l’immutabile, si ritrovò con il 44% dei voti in un Paese che lo osannava per uscire dalla recessione. Ma, nonostante la solidissima maggioranza a disposizione fino a sei mesi fa, non fece molto. Preferì vivacchiare. E a dicembre si ritrovò ancora primo ma ridimensionato. L’ultimo colpo di fortuna domenica, quando la Spagna spaventata dal nuovo che non decolla, s’è rifugiata ancora alla sua corte di calle Genova. Ora proverà a governare di nuovo ma senza affrontare i guai di un Paese che continua a sforare di molto le regole di bilancio di Bruxelles. Molto meglio l’immobilismo, se baciato dalla fortuna.