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 2016  giugno 28 Martedì calendario

Milano ha perso ieri un altro 4 per cento, con le banche a precipizio, mentre la sterlina vale adesso meno dell’euro, a 83 pence

Milano ha perso ieri un altro 4 per cento, con le banche a precipizio, mentre la sterlina vale adesso meno dell’euro, a 83 pence. I mercati sono preoccupati non tanto perché la Gran Bretagna ha votato per l’uscita dalla Ue, quanto per il fatto che nessuno è in grado di prevedere credibilmente che cosa accadrà davvero. C’è intanto questo fatto: che gli inglesi hanno deciso di prendersi tutto il tempo necessario per notificare la loro volontà di andarsene. Una prima occasione si presentava già oggi, con il vertice del Consiglio europeo. Ma Downing Street ha già fatto sapere che oggi non succederà niente. Il ministro dell’Economia, Geroge Osborne, ha detto: «La Gran Bretagna ha un’economia abbastanza forte e solida da poter affrontare la sfida. Usciremo dall’Unione solo quando saremo pronti. Nei prossimi giorni non ci sarà una navigazione tranquilla e i nostri conti pubblici soffriranno per la decisione di uscire dall’Unione europea. Ma le nuove misure fiscali non potranno essere attuate fino a quando non avremo un nuovo premier in autunno». Osborne è stato un fiero fautore del Remain, ma ieri è arrivato l’appoggio di Boris Johnson, ex sindaco di Londra e tra i leader della campagna per l’Exit. Osborne ha confermato: «Non c’è una grande fretta di lasciare l’Unione Europea».

Strano, no? Hanno fatto una cagnara terribile per l’uscita, con la storia assurda dei migranti che avrebbero dato l’assalto alle bianche scogliere di Dover, e adesso sembra quasi che non se ne vogliano andare.
Bisogna ricordare che il referendum e la relativa vittoria della Brexit sono il frutto di una guerra interna al partito conservatore. Cameron, capo dei tories e premier, constatò che mezzo partito voleva l’uscita dall’Europa e andava dietro a Nigel Farage. Ebbe l’idea del referendum nella convinzione che il Brexit sarebbe stato sonoramente battuto, quindi lui l’avrebbe avuta vinta su questa fazione dissidente e il gioco sarebbe finito lì, col vantaggio di poter negoziare nel frattempo, come ha fatto, altre concessioni alla Gran Bretagna da parte di Bruxelles. L’uscita di scena di Cameron ha scatenato adesso la lotta per la successione e la solita, stancante guerra di posizione, tanto simile al surplace della velocità su pista. La regola inglese vuole infatti che chi diventa segretario del partito sia anche, se ha vinto le elezioni, primo ministro. Il piatto quindi è assai ricco, e sia George Osborne che Boris Johnson sono seduti al tavolo in cui ci si gioca questo piatto, in compagnia di altre due o tre conservatori rampanti. I minuetti, i rinvii, gli spostamenti di lato vanno interpretati tenendo conto di questo contesto.  

Ieri c’è stato il vertice Hollande-Merkel-Renzi (in ordine alfabetico).
Sì. Emergono due linee contrapposte. La Merkel è d’accordo con i conservatori inglesi, dice che abbiamo tutto il tempo per capire e decidere, insomma non c’è fretta. La sua dichiarazione: «Per avviare i negoziati serve la richiesta ufficiale del Regno Unito. A settembre ci rivedremo per poter parlare delle misure concrete. Dovremo sveltire il più possibile la procedura di uscita. Si dovrà evitare ogni movimento centrifugo in Ue e perciò fare una proposta concreta agli stati membri circa le misure da prendere nei prossimi mesi su terrorismo, rifugiati, Turchia e tutto quel che riguarda l’aspetto migrazione. La crescita economica è un ulteriore aspetto fondamentale, e c’è la necessità di garantire posti di lavoro ai nostri lavoratori. Dovremo dare alle nuove generazioni maggiori prospettive e rispondere alle loro aspetttative, e in questo si dovrà mandare un segnale chiaro ai giovani». Per ora sono chiacchiere, e la Kanzlerin è solo interessata a spostare il più in là possibile la procedura. La Merkel ripete di continuo il concetto che la Gran Bretagna è un bravo alleato che non s’è trasformato per via del referendum in un nemico. Infine c’è la questione dell’interscambio commerciale tra Germania e Regno Unito, troppo cospicuo per non pesare sulle posizioni tedesche.  

Invece italiani e francesi?
Hollande invece insiste sul fatto che non bisogna perdere tempo e che la Ue va cambiata. Renzi è sulla stessa linea. Il nostro premier ha già avuto un riconoscimento importante: è stato ammesso a un vertice riservato, giustificato dal fatto che l’Italia è un paese fondatore. Renzi: «Credo che vada tenuta insieme la doppia attenzione: da un lato il buon senso e la lucidità che in questo momento occorrono, dall’altro il bisogno di dare gambe e cuore al progetto europeo per i prossimi decenni. Il percorso prende atto della decisione della Gran Bretagna, si volta pagina, non si può perdere tempo ma contemporaneamente avere a cuore una strategia che ci porti a ciò che l’Europa dev’essere. Bene l’attenzione su sicurezza, giovani e sociale, perché non può essere solo l’Europa delle banche». Ha anche scherzato: «Angela mi ha chiamato perché è preoccupata del quarto di finale».  

In che modo andrebbe cambiata l’Europa?
Avvicinare i sistemi fiscali, avere una sola politica estera, prepararsi a una difesa comune, difendere tutti insieme i confini esterni e praticare una politica condivisa sui migranti, mettere in qualche modo insieme i rischi del debito, far comunicare tra loro i servizi segreti. Sono pochi punti, ma quanto difficili da raggiungere.