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 2016  giugno 27 Lunedì calendario

Intanto a Wimbledon trionfa il Remain

Mi sono trovato, questa mattina, dirigendomi verso lo All England Tennis and Croquet Club di Wimbledon, in una situazione simile a quella del mio antenato elettivo Antonio Scaino da Salò.
Prima di iniziare il suo celebratissimo “Trattato del Giuoco della Palla”, Antonio desiderava fermamente controllare se le dimensioni del campo di Hampton Court, fatto costruire da Enrico VIII fossero le stesse di quello di Ferrara, dove era solito accanirsi nel tennis dei tempi insieme a Alfonso d’Este.
Gli accadde purtroppo di trovarsi a Londra nel momento meno adatto. Enrico, in quei giorni, non pensava affatto al tennis, ma si sentiva costretto ad una decisione che lo avrebbe allontanato dall’Europa, dalla religione con Sede a Roma e da Papa Clemente VII, per avventurarsi in una nuova istituzione, la Chiesa anglicana, e riunirsi col Galles.
Mi domandavo se i severissimi, non meno che gentili, controllori mi avrebbero lasciato entrare, insieme ai colleghi francesi e tedeschi, e se tutto si sarebbe svolto felicemente come accadde alla mia prima partecipazione, nel 1950, e da quel giorno fino ad oggi.
Dopo aver superato i metal detector e le guardie, entravo in sala stampa, per ricevere alcune accorate dichiarazioni di auto-condoglianze da parte di un bel numero di colleghi, che mi assicuravano di aver votato Remain e che la scelta di Brexit era stata conseguenza della fretta di Cameron, pessimo tennista, e di gente che né viaggiava, né sapeva colpire una palla con la racchetta, ma tutt’al più con i piedi.
Incredulo, ma rasserenato, uscivo allora dai miei recinti, per ritrovarmi nel mezzo di un bel gruppo di raccattapalle, i più minorenni, che, ad una mia domanda, mi avrebbero assicurato che avrebbero continuato a raccogliere le palle senza alcuna differenza, a favore di un europeo o di un britannico.
Non diversamente si sarebbe comportato un amico arbitro, diplomato a Oxford, e sarei quindi ritornato al mio banco, di dove vi comunico queste cose, rincuorato.
Forse, mi dico, gli attori di un grande torneo di tennis, il più grande sino ad oggi, rappresentano quel che il mondo non è mai riuscito, e temo non riuscirà, ad essere. Arbitri di ogni paese giudicano imparzialmente giocatori di ogni paese, e i regolamenti rimangono eguali per tutti. Il vincitore è spesso applaudito non meno dell’enfant du pays, e il cattivo comportamento esecrato, e sanzionato, senza alcuna attenzione per il passaporto.
Il tennis, insomma, prefigura un mondo del futuro, che il vecchissimo estensore di queste righe aveva invano sperato di vedere, non certo ai tempi di Scaino e di Enrico VIII, ma a quelli di politici come il Conte Sforza e il francese Maurice Schumann.
Da domani assicuro che inizierò a domandarmi se Djokovic realizzerà la cosiddetta “terza gamba“del Grande Slam, e lascerò ad altri le difficoltà di approfondire Brexit.