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 2016  giugno 25 Sabato calendario

La Spagna domani al voto, con l’ombra Brexit

Solo ieri il rischio Brexit è entrato nella campagna elettorale in Spagna. E l’uscita dall’Unione europea è stata subito strumentalizzata dai leader politici, in particolare dai popolari di Mariano Rajoy, che approfittando di un vertice di governo, hanno invitato i cittadini a scegliere la stabilità e la continuità.
In Spagna si vota domani, per la seconda volta in sei mesi, e nella replica della campagna le proposte politiche sono stati in parte oscurate dal gioco delle coalizioni, per capire come il nuovo Parlamento potrà arrivare a formare una maggioranza e un governo. Gli ultimi sondaggi dicono che tutto potrebbe restare bloccato. Il Partito popolare – nelle rilevazioni di Metroscopia – si conferma come prima forza del Paese con il 29%, lontanissimo però dalla maggioranza assoluta che aveva fino all’anno passato. A sinistra, ed è questa l’unica novità, Unidos Podemos, l’alleanza tra gli indignati di Podemos e i comunisti repubblicani guidata da Pablo Iglesias, supera il Partito socialista di Pedro Sanchez: 26 contro 21 per cento. Mentre l’altro movimento di protesta, il centrista Ciudadanos di Albert Rivera, resta intorno al 10 per cento.
«La scena politica spagnola è piena di paradossi. Il più evidente – dice Juan Jesus Gonzales, docente di sociologia della Uned di Madrid – è che più ci si avvicina alle urne, tanto più probabile diventa un’ulteriore ripetizione del voto. Gli elettori, secondo i sondaggi, tendono a penalizzare i partiti che hanno tentato di arrivare a qualche accordo, mentre i partiti che non hanno voluto scendere a patti in Parlamento non hanno incentivi a negoziare e quindi tutto resta fermo».
Negli ultimi comizi, i quattro maggiori leader hanno ribadito i veti incrociati e le condizioni per negoziare. Il premier uscente Rajoy, approfittando di Brexit, ha inoltre rivendicato i risultati del suo governo. «Fino a qualche anno fa, l’impatto di un fatto epocale come Brexit avrebbe potuto far precipitare la Spagna fino al default. Ma oggi con l’economia in crescita, la nuova creazione di lavoro, la solidità che ha raggiunto il nostro sistema finanziario, il rischio per l’economia spagnola è ridotto», ha sottolineato il leader popolare, ricordando anche «l’importanza di continuare sulla linea della stabilità e delle riforme avviate».
L’Ibex ha chiuso ieri con un crollo del 12,35% e lo spread nei rendimenti dei bonos decennali rispetto ai titoli tedeschi è salito da 137 a 168. Gli economisti stimano un impatto negativo del referendum britannico dello 0,5% sul Pil spagnolo, soprattutto per i danni al turismo e alle esportazioni. Gli spagnoli tuttavia non sembrano molto interessati al rischio Brexit. Guardano invece alla disoccupazione e ai temi economici.
Come nel Regno Unito, tuttavia, anche in Spagna c’è una spaccatura netta sulle scelte politiche tra nuove e vecchie generazioni. Ma in Spagna non esistono forze politiche euroscettiche e anche Podemos, un movimento considerato anti-sistema, ha sempre dichiarato di voler riformare l’Europa e mai ha detto che Madrid deve uscire dall’Unione.
La grave crisi economica vissuta dal Paese spiega in gran parte questa rottura: la disoccupazione ancora sopra il 20% arriva al 46,5% nei giovani sotto i 25 anni. «In Spagna i giovani sono, in modo chiaro e in misura non paragonabile a quella delle altre generazioni, quelli che più hanno sofferto le terribili conseguenze della recessione, la disoccupazione, il lavoro precario, la contrattazione difficile sul salario. Sei giovani su dieci sono convinti che in futuro non riusciranno a raggiungere il benessere economico dei loro genitori», spiega Belen Barriero, fondatrice della società di analisi sociali, MyWord, già presidente del Cis, il Centro nazionale di ricerca sociologica.
«Gli spagnoli con diritto di voto di età compresa tra i 18 e i 34 anni, sono i grandi sostenitori del cambiamento: l’80% di loro – afferma Francisco Camas Garcia, analista di Metroscopia – non vuole più il bipartitismo e guarda in modo favorevole alla presenza di più partiti, mentre più del 60% deciderà di votare uno dei due movimenti nuovi». Un insieme eterogeneo e plurale nel quale si possono individuare correnti prevalenti. «Molti giovani – aggiunge Camas Garcia – voteranno per il Partito popolare, altrettanti, circa il 17%, sceglieranno Ciudadanos. Ma nonostante la scarsa fiducia accordata al Partito socialista, fermo al 13%, gli under 34 si dichiarano in maggioranza di sinistra e almeno per il 44% daranno il loro appoggio a Unidos Podemos e a Pablo Iglesias». Secondo le analisi degli esperti, i giovani spagnoli vorrebbero, in maggioranza, un governo che metta assieme Podemos e Partito socialista. Ma su quello che accadrà dopo il voto di domenica è inutile azzardare previsioni.