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 2016  giugno 25 Sabato calendario

Così, in pochi minuti, il pound ha fatto un passo indietro di 31 anni

Una doccia ghiacciata. Questo è stato il risultato del voto sulla permanenza nella Ue della Gran Bretagna. Soprattutto per chi, nell’ultima settimana, si era riposizionato fortemente sulla sterlina nella speranza che dal voto sulla permanenza nell’Unione europea uscisse un risultato diverso da quello poi concretizzatosi: la vittoria del «Leave». Nel giorno del voto il cambio dollaro per sterlina era addirittura tornato oltre quota 1,5 sui massimi da dicembre. Da questo picco la valuta britannica è precipitata fino a un minimo di 1,3229 dollari nella notte, quando i numeri in arrivo dal Regno Unito hanno iniziato a indicare ciò che tutti avevano fortemente temuto: un voto favorevole all’uscita dalla Ue.
Nei giro di pochi minuti il pound è tornato indietro di 31 anni nel cambio sul dollaro. Era infatti dal lontano 1985 che il cambio dollaro/sterlina non toccava quota 1,32. Dopo il crollo la sterlina è risalita oltre 1,35. Il pound è arrivato a perdere oltre l’11% nel cambio con il dollaro. Il calo giornaliero maggiore della sua storia e, secondo i calcoli del Financial Times, il maggior calo giornaliero di tutti i tempi tra le principali divise internazionali.
La violenza del ribasso è frutto sia della debolezza che ha colpito la valuta britannica sia della forza del dollaro che, in questa fase di estrema volatilità, ha riscoperto il suo ruolo di «valuta rifugio». Così come si è confermata «divisa rifugio» la valuta giapponese ieri la più gettonata in assoluto. Prima che fossero resi noti i primi risultati ci volevano 160 yen per una sterlina. Dopo l’esito del voto appena 133.314. La flessione è stata di oltre il 16 per cento. Era dal dicembre del 2013 che il pound non valeva tanto poco nel cambio con la moneta giapponese. Una svalutazione si è vista ovviamente anche sulla moneta unica. Se giovedì servivano 1,31 euro per comprare una sterlina, dopo la pubblicazione dei risultati il cambio è sceso fino a 1,20. Sui livelli di marzo 2014.
Il calo della sterlina sull’euro è stato meno violento rispetto a quello visto su yen e dollaro perché ieri pure l’euro si è indebolito. Anche se la Gran Bretagna non fa parte dell’Eurozona la sua uscita dalla Ue risveglia i timori sulla tenuta della moneta unica. Timori che sono alla base del tonfo registrato ieri dalla moneta unica. Se nella serata del voto l’euro era tornato oltre quota 1.14 dollari ieri il cambio è sprofondato fino a un minimo di 1,09.
Si tratta, soprattutto nel caso della svalutazione della sterlina ma anche nel caso delle oscillazioni viste ieri sul cambio euro-dollaro, di movimenti estremamente anomali per un mercato valutario solitamente abituato a variazioni ben più contenute. «Il mercato è estremamente volatile perché si trova in un territorio inesplorato» spiega Robert Baron di Delta Hedge. «Ciò che mi preoccupa particolarmente in questa fase – spiega il gestore – è il rischio politico. Cioè il precedente che crea questo referendum e l’incertezza sul fatto che altri Paesi possano emulare la scelta di Londra. C’è poi un rischio finanziario legato al collasso delle quotazioni delle banche in tutta Europa. Gli istituti di credito sono l’anello debole della catena in questa fase. C’è un ben noto problema di rafforzamento patrimoniale da affrontare. Mi chiedo come lo si possa fare in questa fase estremamente turbolenta».
La vittoria del «Leave» ha colto in contropiede chi, nell’ultima settimana, aveva scommesso forte sulla vittoria del «Remain». Un riposizionamento, quello sulla sterlina e sulle classi di investimento più rischiose, iniziato giovedi scorso, giorno dell’assassinio della parlamentare Labour e leader del fronte del «Remain» Jo Cox. La cinica scommessa del mercato, ossia che una simile tragedia potesse favorire la vittoria del «Remain», si è rivelata un colossale errore di valutazione.