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 2016  giugno 25 Sabato calendario

Consigli per battere la Spagna da Fabio Capello

Per l’ultima Italia-Spagna, in amichevole a marzo, Don Fabio era in tribuna nella sua Udine e, nonostante le sue smentite, lo davano in corsa per la panchina azzurra. Ora, mentre si fa il suo nome per il posto di direttore tecnico, Fabio Capello si gode l’Europeo in vacanza, in attesa di riprendere la stagione come voce di punta di Fox Sports, dove commenta ancora Liga e altri campionati esteri.
Capello, è vero che la Spagna fa meno paura?
«La Spagna è quella che ci aspettavamo prima del via: fortissima, con grandi talenti ma anche enormi problemi quando deve difendersi. Penso alla partita inaugurale del 2012, loro campioni del mondo in carica, noi sfavoriti. Con tre difensori li abbiamo fatti soffrire tanto».
Può essere tutta qui la chiave della partita?
«Ovviamente no, però gli spagnoli patiscono le squadre che chiudono gli spazi, e in questo l’Italia è maestra. Se non dai loro modo di allargare il gioco, se non permetti ai centrocampisti di inserirsi da dietro, la partita diventa equilibrata e ce la possiamo fare. Bisogna aggredirli ogni volta che si può e ripartire subito a tutta velocità. Facciamo l’Italia, ecco».
Quale giocatore le piace?
«Non faccio nomi, apprezzo però il senso del collettivo e la capacità di mettere le doti individuali al servizio della squadra. È una Nazionale in cui tutti aiutano tutti».
La sconfitta con l’Irlanda ha scalfito le certezze azzurre?
«Non credo. Anche se non è stata una buona partita, l’Italia ha dimostrato di avere le idee chiare».
Cos’ha perso la Spagna rispetto al passato?
«L’aggressività. Pressa molto meno, è più compassata, come se avesse di colpo abbassato il ritmo. Però, intendiamoci, ha sempre tanta qualità».
Il tiki-taka è ancora un modello di riferimento?
«Non per noi. Questo sistema è nato nel Barcellona, ma pochi hanno i giocatori del Barça. Aragonés lo ha portato in nazionale, Del Bosque l’ha perfezionato. Ma non è un esempio che dobbiamo seguire, abbiamo da sempre altre caratteristiche, forse tecnicamente non siamo al livello degli spagnoli, però abbiamo un diverso senso tattico, sappiamo verticalizzare rapidamente e siamo imbattibili quando ripartiamo. Conte ha creato un impianto che esalta queste caratteristiche».
Dopo la prima fase, l’Italia è al quartultimo posto per dribbling effettuati. È la spia di una involuzione tecnica?
«Non abbiamo più gente che salta l’uomo. In questi anni abbiamo pensato a copiare gli altri, ma i vivai sono schiavi della tattica, bisognerebbe lasciare maggiore possibilità ai ragazzi di sprigionare il proprio estro. Le mie squadre erano sempre organizzate e prendevano pochi gol, ma non ho mai impedito ai giocatori di fantasia di esprimersi».
Neppure la Spagna eccelle in questa statistica.
«Ma perché gioca sempre a un tocco! Il dribbling negli ultimi venti metri ha un senso perché crea un’occasione da gol, a centrocampo invece è il sintomo di una cecità: scarto l’avversario perché non vedo un compagno libero a cui dare la palla. La Spagna, ecco, l’uomo libero lo trova sempre».
Quest’Italia è stata criticata ingiustamente secondo lei?
«Fa tutto parte del gioco, il giornalista pone le sue obiezioni, i calciatori le rimandano al mittente. Se poi un tecnico è bravo a voltare la frittata, le critiche diventano uno stimolo. Mi pare che la squadra abbia reagito».
La squadra che l’ha convinta di più finora?
«La Croazia. Può arrivare in finale».
Quattro britanniche agli ottavi, è sorpreso?
«Sì, perché di solito arrivano sempre molto stanche alle competizioni estive».
Da ex ct inglese, cosa pensa della Brexit?
«Temo produrrà un grave danno al calcio inglese. È stato un voto di pancia, preso alla leggera e basato sull’insofferenza per gli immigrati. La Premier compra molto all’estero, bisognerà valutare se la sterlina perderà potere d’acquisto».