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 2016  giugno 25 Sabato calendario

«Questo è solo l’inizio» urla Trump dalla Scozia

«Questo è solo l’inizio. La dissoluzione dell’Unione europea è in corso». Oltre a congratularsi con se stesso per averla prevista, Donald Trump fa un’analisi della Brexit che gli apre direttamente la porta della Casa Bianca: «Vedo molti parallelismi tra quanto è successo in Gran Bretagna, e quanto sta accadendo negli Stati Uniti. Le persone vogliono riprendersi i loro Paesi, riaffermare la propria indipendenza, e questa è una cosa buona». 
Secondo Donald, «il referendum è stato solo il primo passo. I popoli del mondo sono arrabbiati. Arrabbiati per i confini, per la gente che viene nei loro Stati e ne prende il controllo, senza neppure sapere chi sono. Molti altri Paesi europei sono pronti a seguire questa strada, la Gran Bretagna non sarà l’ultimo. Mi aspetto che anche gli americani lo capiranno». 
Trump arriva in elicottero, atterrando nel golf resort di Turnberry che ha appena ristrutturato. I critici dicono che la visita in Scozia dimostra come usa la campagna elettorale per fare pubblicità al suo marchio, ma il referendum sulla «Brexit» lo aiuta a trasformare questo affare di famiglia in un evento politico, segnato da una tendenza globale che dovrebbe favorirlo a novembre. Donald si vanta di aver previsto il risultato – anche se qui la Scozia ha votato per rimanere nella Ue – senza aver commesso l’errore di provare a influenzarlo come ha fatto il presidente Obama: «Lui e Hillary Clinton sbagliano sempre a interpretare il mondo. Probabilmente se non avessero ingerito nei fatti di questo Paese, l’esito sarebbe stato diverso». Lui attribuisce il fenomeno a diversi fattori: «Un elemento determinante sono i confini, l’immigrazione, l’arrivo di persone che nessuno conosce. Ma anche la stanchezza per decisioni stupide, come quelle sull’accordo nucleare con l’Iran o sui trattati commerciali». L’Europa, in particolare, «ha commesso molti errori terribili». Tra i Paesi pronti a seguire l’esempio della Gran Bretagna, Trump elenca prima di tutto la Germania: «Conosco molti amici tedeschi, da sempre orgogliosi della loro origine, che ora vogliono abbandonare il proprio Paese». La ragione principale è la politica scelta nei confronti dei rifugiati: «Un conto è creare zone protette per l’accoglienza in Siria, bellissime e sicure. Ma quando cominciamo a far venire migliaia di persone in Germania o negli Stati Uniti, senza sapere neppure chi sono, è un grave errore». Per questo, l’incertezza economica, la volontà di determinare la politica monetaria, e l’insoddisfazione provocata dai trattati commerciali favorevoli a rivali come la Cina, Donald è convito che «la dissoluzione dell’Ue è in corso». Evita di dichiarare che la favorisce, ma aggiunge: «La stiamo vedendo, è un fatto».
Sugli effetti della Brexit è meno netto: «Nessuno sa bene cosa accadrà. La svalutazione della sterlina potrebbe anche favorire l’economia britannica: certamente farà venire più clienti qui a Turnberry. Nel breve periodo magari ci saranno difficoltà, ma nel lungo credo che la Gran Bretagna ne uscirà più forte».
Il passo successivo è valutare l’impatto di questo choc sugli Stati Uniti. Jake Sullivan, braccio destro di Hillary Clinton per la politica estera, accusa Trump di essere «non adatto a fare il presidente. Lo dimostra parlando di quanto la Brexit aiuterà gli affari dei suoi campi da golf, invece del costo che avrà per le famiglie Usa». Donald però la pensa all’opposto. Vede un’ondata di risentimento popolare, in tutto l’Occidente, che la sua campagna sta cavalcando. E da ciò ricava la certezza che anche lui, come hanno fatto i promotori della Brexit, a novembre sorprenderà il mondo: «I popoli vogliono riprendere il controllo dei loro Paesi. A novembre anche l’America ridichiarerà la sua indipendenza».