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 2016  giugno 24 Venerdì calendario

Se solo Renzi se ne andasse...

Lui dirà di no, anzi smentirà, ma parlando dalle colonne del Corriere della sera, mercoledì mattina, Massimo D’Alema gongolava. Matteo Renzi, che l’aveva rottamato, e per di più in malo modo, era finito a sua volta tra i rottami (o meglio «nell’immondezzaio della storia», dove un tempo Lenin, Trotsky e Baffone, ciascuno al proprio turno, mandavano i loro nemici e amici tiepidi). Come non compiacersene un po’? Anche Pier Luigi Bersani, intervistato sempre dal Corriere, non ha resistito alla tentazione dell’«avevo detto io». È umano e fin troppo umano. Renzi chi?
Certo, ogni storia ha un lato oscuro, e in questo caso la faccia dispari dell’umiliazione del Boyscout è il trionfo dell’uomo che vuole trasformarci tutti in «brave persone» modificando, alé op, la «struttura meccanica» del nostro linguaggio (un po’ come fa la Cia con i microchip per il controllo mentale). Ma in politica, come Bersani e D’Alema sanno bene, essendoci passati più volte, c’è sempre un prezzo da pagare, e il temporaneo (così si spera) trionfo dell’antipolitica, che è poi una politica maccheronica, devota all’aria fritta e agli strafalcioni intellettuali, non sembra dopotutto un prezzo eccessivo. Poteva andare peggio: Renzi e il suo pd riformato (e riformista) di nuovo al 40%, come alle ultime europee.
Stavolta, messo in ginocchio dai risultati elettorali, quando ormai marca male anche il referendum d’ottobre, l’usurpatore fiorentino e i suoi ragazzi dell’ufficio dovranno venire a patti con la vecchia guardia, e forse farsi definitivamente da parte, restituendo il partito maltolto ai suoi proprietari legittimi: i soci della Ditta, de sinistra a prescindere, sempre tanto attenti al «sociale».
Non la vedono diversamente gli strateghi del centrodestra, i generaloni leghisti, gli alessandrimagni e i napoleoni berlusconiani, così deliziati dalla débâcle renziana da dimenticare la propria, in questo perfette fotocopie degli strateghi dalemianbersaniani. Anche Matteo Salvini gufa e gongola perché il Boyscout, «brutta bestia», è nella polvere, dove merita di stare; gongola persino perché nella polvere – purtroppo soltanto di stretta misura – c’è finito anche quel balabiôtt di Stefano Parisi, candidato berlusconiano e dunque, agli occhi del capotribù, tutt’altro che taragno, praticamente un terùn. Gongola, a sua volta, il Cerchio magico berlusconiano perché Borgonzoni Lucia, candidata leghista alle amministrative bolognesi, ha perduto la partita. Già così, solo felpe e distintivo, il leader lumbard s’allarga fino a tentare la scalata alla leadership del centrodestra, con grave scandalo di Renato Brunetta, di Francesca Pascale e del cane Dudù. Se Lucia Borgonzoni, per una svista degli elettori, avesse conquistato la poltrona di prima cittadina, chi l’avrebbe sentito più? Gongola, per la sconfitta di Salvini, anche Umberto Bossi, che ne fu rottamato.
Non era mai successo che, in odio al nemico interno, le diverse fazioni politiche del Bel Paese parteggiassero così apertamente per il nemico esterno. Non era mai successo, d’altra parte, che gli schieramenti tradizionali della seconda repubblica, alleanze fin dall’inizio mai troppo solide, implodessero d’un tratto, sbriciolandosi e negandosi ogni solidarietà. È questo il varco dimensionale da cui sono entrati, come nei romanzi di fantascienza da quattro soldi, i Visitors antipolitici, che trionfano senza merito, per i demeriti altrui. Mors tua vita mea. Piove, d’accordo, ma l’ombrello è mio. Signori, la classe politica italiana in tutto il suo spolvero.