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 2016  giugno 24 Venerdì calendario

La vita parallela degli hikikomori

Andare al cinema, uscire con gli amici, fare una partita a calcetto o una cena in allegria. A quindici anni, ma anche a venti e a trenta, questa è considerata la normalità. Almeno dalla maggior parte delle persone. Poi c’è chi preferisce rimanere chiuso tra le quattro mura della propria stanza, lontano da tutto e tutti. E non per qualche ora, ma per interi giorni, e perfino anni. No, non si tratta dei soliti “nerd” occhialuti che snobbano la mondanità esaltandosi davanti al display di un computer. Stiamo parlando degli hikikomori, ragazzi che hanno difficoltà a livello relazionale e per questo motivo si rifiutano di avere contatti con il mondo esterno.

Quella in cui sono immersi è una dimensione tutta loro, una vita parallela spesa tra il cuscino e la tastiera. È una realtà che rispecchia un fenomeno sociale sempre più diffuso, una sindrome coniata dallo psichiatra giapponese Saito Tamaki che letteralmente significa «stare in disparte, isolarsi». Questo vuol dire che i migliori amici diventano i giochi e internet, la medicina più efficace per fuggire dal senso di frustrazione, di vuoto interiore, di angoscia che cresce dentro. A chiudere le porte al mondo esterno sono «giovani dai 13 ai 30 anni che provano un senso di inadeguatezza e di fallimento», spiega la dottoressa Rita Marianna Subioli, psicologa specializzata sulle nuove dipendenze comportamentali. Quando un adolescente sguscia nottetempo dalla sua camera pur di non incontrare mamma e papà, il perché, il più delle volte, non si trova scritto tra le pagine di un manuale di psicologia, ma è una conseguenza della «percezione da parte del ragazzo di aspettative troppo elevate da parte dei genitori». A volte, infatti, «un iperinvestimento» sulle capacità dei figli può diventare controproducente. Al punto tale da abbandonare le lezioni di chitarra «perché gli altri sono più bravi di me». Sono questi i campanelli di allarme di una dipendenza comportale che non deriva da un’ossessione verso il mondo virtuale, ma «ne diventa una causa». Secondo la psicologa, infatti, «il problema non sono le otto ore trascorse davanti al computer o ai videogame». Se il ragazzo decide di abbandonare pian piano i banchi di scuola, se ha difficoltà a relazionarsi soprattutto con i coetanei, se preferisce rifugiarsi in una community piuttosto che in un parco giochi, «è perché ritiene di non essere all’altezza». Per questo motivo decide di chiudersi in se stesso, di affidare le proprie debolezze a un computer che «lo accoglie senza giudicarlo».

La punizione non sarà più allora una paghetta che non arriva a inizio del mese, ma «un’autoreclusione sociale» che lo porta a voler tagliare i ponti con il resto del mondo. «Si tratta di un fenomeno in rapida evoluzione che richiede un intervento mirato in termini di prevenzioni e di cura», sostiene la dott.ssa Subioli che, nel 2012, insieme alla presidente Valentina Di Liberto e a un team di psicoterapeuti e sociologi, ha dato vita alla cooperativa sociale onlus Hikikomori. Una realtà milanese che, a oggi, è l’unica in Italia a occuparsi in maniera specifica di questa patologia. Grazie a laboratori creativi di teatro e musicoterapia, sono circa una ventina i ragazzi che stanno cercando di superare le proprie difficoltà, tornando a gioire dopo una passeggiata all’aria aperta in compagnia del «counselor». Tra loro ci sono anche quelli che necessitano di terapie mirate a domicilio e realizzate con la collaborazione dei genitori: si tratta di ragazzi che vivono una forma di «autoreclusione totale». «Non escono di casa da anni – racconta la dottoressa – vivono di notte e hanno un rapporto difficile con i genitori». In questi casi si cercano strategie di confronto, si cerca di non colpevolizzarli. Spesso, infatti, i genitori fanno la voce grossa o minacciano di sequestrare il computer. Quante volte, del resto, l’imperativo «ora basta altrimenti stacco la spina» ha tuonato tra le mura degli adolescenti di questa generazione. Il segreto, invece, è sedersi accanto al ragazzo, ed entrare nel suo mondo.