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 2016  giugno 24 Venerdì calendario

Squillo, sesso e gangster. L’ultimo film di Hiroki Ryuichi ci spiega cosa succede nei Love Hotel di Tokyo

Lei entra nella stanza buia e lui le dice di non accendere la luce e di mettersi la mascherina nera perché non vuole essere visto. Poi tutti e due nudi, uno di fronte all’altro, in silenzio, sono seduti nella vasca da bagno colma d’acqua: lui la fissa, lei aspetta, lui comincia a insaponarla con amorosa lentezza, lei scoppia a piangere. Lui le toglie la mascherina ma lei ha già capito: quel cliente sconosciuto è in realtà il suo ragazzo, che ha voluto essere con lei l’ultimo giorno del suo lavoro di squillo, visto che lei sta per tornare in Corea del Sud con i soldi guadagnati.
È forse la scena più erotica e più sentimentale di Tokyo Love Hotel, 135 minuti diretti dal giapponese Hiroki Ryuichi, regista sessantenne, famoso per i suoi film porno, porno soft, sadomaso e omosex. Non so quanto sia conosciuto in Italia (io non ne sapevo niente), comunque questo suo film è arrivato l’anno scorso con successo al Far East Festival di Udine, dopo i Festival di Toronto e Busan. In un giorno e una notte, il film scandisce le ore intrecciando (viene in mente il castissimo Grand Hotel del 1932, con Greta Garbo e Joan Crafword), diverse storie in uno dei tanti love hotel del celebre quartiere Kabukicho di Tokyo in cui imperano i gangster della Yakuza che smerciano ogni tipo di sesso e non mancano anche nel film (volendo si può prenotare da qui su Internet una stanza con servizio erotico compreso, o anche solo visite in autobus delle trafficate pornostrade).
Per gli amanti del genere ci sono varie e variate scene di sesso, anche lunghe, con sospiri e mugolii e grida, in cui si vedono solo le facce orgasmiche e i corpi dalla vita in su, in giù solo mutande anche perché le signorine fornite da un’apposita agenzia non se le devono togliere se no le licenziano. E quando lo fanno, è vero amore. Visto che il quartiere pullula di alberghi sporcaccioni, pare eccessivo che il protagonista Toru, un bel ragazzo riccioluto, che pulisce le stanze a ore fintamente lussuose e fornisce preservativi, proprio in quello in cui lavora continuando a lamentarsi, gli capiti d’incontrare sua sorella che sta interpretando un pornofilm nel ruolo di un’adolescente con minigonna scozzese che viene stuprata. Ma anche la sua ragazza: proprio quella mattina nel loro monolocale squallido lei gli era inutilmente saltata addosso, ed eccola adesso chiudersi in una camera con il producer che dovrebbe scritturarla. Lei, Saya, suona la chitarra, scrive e canta canzoni d’amore, e la interpreta infatti Atsuko Maeda che forse anche in Italia i giovani conoscono, essendo una celebre cantante e attrice (giapponese).
Hiroki ha anche diretto film a tema sociale, il suo più famoso, per chi lo conosce, ha un titolo che dice molto, Vibrator, dedicato all’alienazione delle donne giapponesi. E anche qui, tutte queste graziose giovani escort, hanno da raccontare loro storie strappalacrime: la mamma che risposata l’ha cacciata di casa, la famiglia che ha perso tutto dopo uno tsunami e le promesse d’aiuto del mondo non sono mai arrivate, lo scotto da pagare per trovare lavoro, l’unico modo per raccogliere denaro e tornare a casa ad aiutare la mamma vedova. Insomma fare sesso a pagamento per le belle ragazze povere e molto giovani dipende da storie di bontà e necessità, come in certi film italiani degli anni 50, quando le signorine delle case chiuse dovevano sacrificarsi per un bimbo o un nonno, però alla fine molto spesso morivano. Nell’hotel arrivano anche coppie clandestine: si fermano davanti a una serie di schermi che illustrano le camere libere, schiacciano un bottone su quella scelta, pagano e si acquattano. Anche una coppia di poliziotti, lui e lei adulteri e molto focosi, mentre nei dintorni qualcuno viene ucciso e proprio sotto il loro naso ritrovano una ricercata: e bisogna interrompere e lavorare! I personaggi sono tutti belli se giovani, se meno giovani sono belle solo le donne e gli uomini bruttini e cattivi. Gli attori, celebri in Giappone, forse da noi sono sconosciuti: in più per certi spettatori, come per me, è difficile riconoscerli, si assomigliano molto: tutti con capelli neri, occhi neri ovviamente a mandorla. Ma così la trama diventa più oscura e quindi più interessante. Certo fa impressione sentirli parlare in italiano (siamo il solo paese che rifiuta i sottotitoli) doppiati da attori del genere pirandelliano, il che toglie veridicità ai personaggi e alla storia.