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 2016  giugno 24 Venerdì calendario

Tutti pazzi per il tonno. Il rosso è il più pregiato ma fate attenzione perché c’è anche chi lo colora con il succo di barbabietola per farlo sembrare più fresco

Al mercato ittico di Milano, le partite di tonno fresco sono aumentate del 20 per cento in quattro anni. E la vendita di scatolette è cresciuta del 5 per cento in dodici mesi. «Se ne consuma sempre di più, ma senza sapere nulla – spiega Tonino Giardini, responsabile dell’associazione di produttori ittici Impresa Pesca —. Per esempio si ignora il fatto che esistono più di dieci tipi di tonno, non tutti della stessa qualità. E che oltre l’80 per cento di quello che mangiamo in Italia viene dall’estero». Questo perché la specie più pregiata che lambisce le nostre coste, il tonno rosso (o pinne blu) in arrivo dall’oceano Atlantico per riprodursi nel Mediterraneo, è soggetto a pesca contingentata. Una politica che negli ultimi dieci anni ha aiutato il ripopolamento dei banchi – «Altro che estinzione, ormai ce n’è quanto si vuole» – ma che adesso sta stretta ai pescatori. Per il 2016 l’Italia si è aggiudicata duemila tonnellate, già quasi esaurite. E il resto del tonno del mare Nostrum – l’alalunga, seconda per pregio, l’alletterato, il tonnetto striato e i parenti stretti come la palamita o il tombarello – ha poco mercato. «Tutto il mondo vuole il tonno rosso e la sua carne insaporita dalle nuotate transoceaniche. Perciò il 90 per cento degli esemplari pescati in Italia vanno a finire a Malta, per l’ingrasso in gabbia, e poi in Giappone, disposto a pagare cifre da capogiro alle aste».
Prima regola del consumatore consapevole, dunque: di vero tonno rosso nei ristoranti e nelle pescherie italiani c’è molto poco. «Quando ve lo propongono chiedete il Bcd, il “Bluefin tuna catch document”, la carta d’identità obbligatoria per legge», precisa Giuliano Greco, proprietario della tonnara di Carloforte. Non è raro, infatti, che al posto del tonno rosso si serva il pinne gialle, una specie dei mari caldi (Sri Lanka, Maldive, Thailandia) meno pregiata, che rappresenta il grosso dell’importazione italiana. «Quello che si usa per il tonno in scatola – spiega Giardini —. Valido dal punto di vista nutrizionale, dato che tutti i tonni hanno un contenuto simile di Omega 3 e proteine nobili, ma dal gusto e dal valore ben diversi». Per renderlo accattivante a volte viene trattato con succo di barbabietola o monossido di carbonio, additivi vietati in Europa. «Non perché facciano male ma perché confondono: un tonno colorato sembrerà fresco anche se non lo è – spiega Renato Malandra, veterinario dell’Asl di Milano —. Sono casi in diminuzione ma capita ancora di vedere in giro tranci color lampone».
Seconda regola: guardare il pesce. «Diffidate se è fluorescente. Non deve avere odore e la carne dev’essere soda». Terza regola, che vale sempre: andate in posti di fiducia, che sia il ristorante o il pescivendolo. «A chi vuole mangiare il tonno crudo raccomando di congelarlo per 96 ore nel freezer di casa, in modo da uccidere eventuali larve del parassita Anisakis – spiega Andrea Collodi della pescheria Pedol di Milano —. Chi invece lo cuoce può usarlo subito e consumarlo entro un paio di giorni». I tagli migliori? Tonno rosso ma anche un buon pinne gialle, se chi vende garantisce. E poi i fratelli minori mediterranei: alletterato, palamita, tombarello, saporiti e meno costosi. Le ricette migliori? Tartare, ma anche una dadolata per condire la pasta e un trancio arrosto ai sapori mediterranei. Quarta regola: conoscere i rischi. il consumatore deve sapere che esiste la sindrome sgombroide (rossore, mal di testa, nausea): una reazione all’istamina che si produce nella carne del pesce se dopo la morte l’esemplare entra in contatto con alcuni batteri per scarsa igiene o una conservazione scorretta.. «Più se ne consuma, più si rischia», spiega Malandra. A Milano si contano 40-50 intossicazioni all’anno tra primavera ed estate: due a settimana.
E che dire dei metalli pesanti? «Il tonno, soprattutto quello rosso perché è il più grande, li contiene – spiega Elena Orban, già responsabile per la qualità dei prodotti ittici del CraNut, il Centro di ricerca per gli alimenti e la nutrizione —. Il più pericoloso è il metilmercurio, capace di inibire lo sviluppo del sistema nervoso del feto e tossico per l’uomo. La soglia di legge è un milligrammo per chilo: la maggior parte del tonno in commercio, sia fresco che in scatola, rispetta i limiti, ma il problema sta nell’accumulo». Come regolarsi, dunque, dato che tra sushi e insalatone al bar rischiamo di mangiare tonno tutti i giorni? «L’Efsa (European Food Safety Authority) raccomanda alle donne incinta e ai bambini fino ai 10 anni di ridurre il consumo di tonno, se non di evitarlo: una volta al mese può andare – spiega Elvira Verduci, consigliere della Società italiana di pediatria —. Per tutti gli altri è meglio non superare la porzione a settimana».