Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  giugno 24 Venerdì calendario

«Per essere Scianel ho dovuto andare a cercare un demone nascosto da qualche parte dentro di me. E ogni tanto mi fa paura». Parola di Cristina Donadio, la boss di «Gomorra»

Alla madre, ottantasette anni, d’accordo con sua sorella, Cristina Donadio ha proibito di guardare «Gomorra»: potrebbe spaventarsi per la cattiveria di sua figlia. Ma qualcosa, di sfuggita, la mamma deve aver visto perché più volte le ha chiesto negli ultimi tempi: «Ma chi è il tuo parrucchiere?», «Ma chi ti pettina?», «Ma dove vai a farti i capelli?», evidentemente sconcertata dal biondo platino stirato liscio di Scianel, che non le piace affatto. Ma paura della cattiveria della boss malavitosa che interpreta, ogni tanto, un poco, succede che ce l’abbia anche lei stessa: «Una volta, stavo girando con Francesca Comencini, la regista di turno, una delle tante scene tremende in cui assisto, fumando l’ennesima sigaretta – io che, quando sono Cristina, al massimo me ne concedo due al giorno —, all’ammazzamento di un uomo; ebbene, non so come, mi è venuto di gettare con gesto sprezzante la sigaretta ancora accesa sul corpo di quel disgraziato che stava morendo. Mi sono spaventata io ma anche Francesca è rimasta senza parole. E ho avuto paura di me anche un’altra volta, rivedendomi in una scena terribile, mentre rido durante un’esecuzione: ho avuto l’impressione di trovarmi di fronte a un’altra me, una vera iena». «D’altronde – spiega l’attrice —, il mio lavoro mi impone di essere il mio personaggio, non di “farlo”. E per essere Scianel ho dovuto andare a cercare un demone nascosto da qualche parte dentro di me. La perfidia comunque esiste, anche tra le donne, non facciamoci illusioni. Saviano, del resto, si è ispirato a una figura vera, femmina di camorra che non combatte per marito o figli ma per se stessa, per il suo potere. In letteratura troviamo Clitennestra o Lady Macbeth tra le malvagie assolute, ma ne esistono tante meno visibili e anche più micidiali. Per fortuna non ne ho mai incrociata una, sono sempre stata circondata da persone miti e amabili».
La nonna giovane
Una amabilissima nonna di tre nipoti ormai quasi grandi è anche Cristina, fuori dal set. Una nonna giovane però, che continua a girare in motorino (e casco) per la sua amata città, che approfitta del suo mare non solo per farsi una nuotata ogni volta che può ma anche per seguire un corso di immersione subacquea, una nonna che ama cucinare prelibatezze, stare con gli amici, dedicarsi agli affetti. Certo, la personalità è quella forte che in Scianel è esasperata e anche la voce, bassa, un poco roca, è per forza simile a quella della malvagia bionda. Benché in versione Cristina porti una corta zazzera scura, in strada la riconoscono, la fermano per immortalarla in selfie, anche fuori Napoli, anche a Roma o Milano, cosa che da attrice soprattutto teatrale non le era mai successo.
«Ma è piacevole, non lo nego. Tra l’altro, essendo arrivata alla notorietà in età, diciamo, abbastanza matura, ho acquistato sufficiente distanza di sicurezza per non montarmi la testa, per osservare, anzi, quel che mi succede, con un certo quieto divertimento. Immaginavo, però, che mi avrebbero odiata per il personaggio che interpreto, invece, al contrario, sento ammirazione intorno. Penso, tuttavia, che potrebbe essere la capacità attoriale a suscitare ammirazione e non l’orribile femmina di camorra che interpreto. Ciò detto, sappiamo tutti che il mostruoso attrae, che l’orrore affascina anche più del buono e del bello. E, comunque, i selfie i ragazzini che mi fermano in strada li fanno con Cristina, non con Scianel».
Smettere di fumare
Un poco oggi rimpiange la libertà che le dava il teatro, che le permetteva di muoversi senza che mai nessuno la fermasse in strada, e adesso che Scianel è in prigione («E speriamo – dice – che ne approfitti per smettere di fumare»), per un certo bisogno di decompressione, si sta preparando per due pièce teatrali: in una sarà Kiki de Montparnasse, cocainomane e alcolizzata compagna di Man Ray; nell’altra, Madamina, prostituita protagonista di «Bordello di mare con città», tratto da un testo di Enzo Moscato. E per il cinema comincerà quest’estate a girare una commedia sofisticata di Stefano Incerti, «La parrucchiera», che racconterà la realtà di due negozi di coiffeur napoletani, uno dei quartieri alti, l’altro dei quartieri bassi; Cristina sarà la figura centrale di quello della Napoli bene. E ci tiene a far notare – benché ancora faccia fatica a crederlo – che sei ragazzine su dieci convocate per delle parti nel film durante il provino non hanno scelto di recitare versi o prose letterarie bensì delle frasi e dei monologhi di Scianel.
Si aspettava tutto questo, dopo anni di lavoro appassionato non certo segreto, ma senza straordinarie ricadute di notorietà? «Non avevo minimamente previsto che potesse accadere. Ero convinta di avere una presenza troppo forte per il cinema che per lo più offre ruoli non dico di mezze donne, ma un poco sfumate sì. Per un’attrice una parte come quella della camorrista Scianel è un regalo perché il personaggio, in un certo senso archetipo del male, non può lasciare indifferenti. Non ho avuto nessun dubbio quando mi è stato proposto, ho accettato all’istante, e sarei stata un’ingenua se avessi pensato di non dover recitare scene anche molto sgradevoli, scene abbiette, scene volgari, come quella, per esempio, molto contestata, di quando canto tenendo in mano un vibratore (d’oro!) a mo’ di microfono». L’esperienza fatta le ha insegnato qualcosa sulla camorra? «Prendiamo proprio quel vibratore d’oro: parla di lusso orrido come lussuosamente orride sono gli abiti e le abitazioni di questi boss; ma parla anche dell’assoluta, tremenda solitudine delle loro schifose esistenze. Vivono come in carcere, non hanno nessun rapporto con il mondo normale, non hanno affetti, neanche le donne, altrimenti impedirebbero ai loro cari di affiliarsi. Scianel, che pure un figlio ce l’ha, lo disprezza perché è succube della moglie e della sua felicità non le importa nulla. Basta guardarli questi personaggi: non si divertono, non ridono, non sorridono, soltanto ogni tanto sghignazzano per degli scherzi orribili che fanno. E, soprattutto, non muoiono mai nel loro letto. Io guardo la televisione, ho letto libri e leggo giornali e sono convinta che l’esistenza dei camorristi sia proprio questa».