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 2016  giugno 24 Venerdì calendario

Ha vinto Brexit. La Gran Bretagna lascia l’Europa

 Terremoto Brexit. E David Cameron traballa. Nel giorno storico del referendum sull’Europa i numeri virtuali dei sondaggi si incrociano con i numeri reali che affluiscono nella notte e all’alba. Il Regno Unito sceglie lo strappo.
Alle 23 italiane un opinion poll emette un verdetto provvisorio: 52% per il sì all’Europa, 48 per il no. Lo spoglio delle schede gela invece l’euforia iniziale. In Inghilterra, esclusa Londra, il no è davanti (60 a 40), una valanga specie nelle aree del laburismo (il Nord-Est). In Scozia la situazione è rovesciata (63 per il sì e 37 per il no). Il Nord Irlanda è per il sì mentre il Galles è in bilico con prevalenza del «leave». E a Londra l’Europa si consolida (vicina al 70%). Il dato generale suggerisce una continua altalena di risultati con una previsione finale per la Brexit (confermata dalla Bbc). E una considerazione: il Regno Unito è spaccato e si sbriciola.
La posta è pesante, le ricadute globali. Speranze e paure si rincorrono schizofrenicamente sotto gli intervallati diluvi di pioggia che instillano preoccupazione a chi immagina la diserzione dalle urne e un conseguente vantaggio per i tifosi dell’«Independence Day», l’indipendenza dall’Europa, come urlano ai seggi i loro arrembanti capifila, Boris Johnson, l’ex sindaco londinese che pensa di defenestrare David Cameron, e Nigel Farage che fa proseliti a destra e sinistra.
In momenti del genere, con l’ottimismo e il pessimismo che si alternano, i mercati offrono con il passare delle ore indizi da prendere però con le pinze. La sterlina si rivaluta, poi va in picchiata. La Borsa corre in positivo e guadagna l’1,2%, la migliore seduta degli ultimi due mesi. Lo spoglio spegne le fiammate. Si sa che le istituzioni finanziarie sono preparate alle montagne russe. Che i listini procedano discretamente durante il giorno può essere il segnale che gli gnomi delle banche e dei fondi abbiano indicazioni incoraggianti per l’Europa. Ma sono solo suggestioni. Nell’attesa che si scateni la bufera.
Ogni spiffero di questo 23 giugno che tiene l’Europa e il mondo, i governi e il Regno Unito, in altalena può spostare gli equilibri. Apre le danze l’ Evening Standard che nel pomeriggio sentenzia: 52 a 48 per l’Europa, come più tardi il sondaggio di YouGov. Mentre i bookmaker incassano puntate per il «remain».
«Un voto per il futuro dei nostri figli». È l’ultimo l’appello europeista di Cameron. «Un voto per la nostra indipendenza» è il mantra di Boris Johnson. I due capifila del «remain» e del «leave» se le suonano senza tregua. C’è una maggioranza silenziosa che va conquistata. È la maggioranza silenziosa degli indecisi e dei fluttuanti. Gli euroscettici contano su un esercito di arrabbiati che dal nord-est laburista scende fino al Kent tory. Gli europeisti hanno la riserva della Scozia, Londra, Liverpool e Manchester. La tradizione insegna che, alla fine, la «terra di mezzo» dei britannici privi di convinzioni consolidate propende per i voti conservativi. Il pragmatismo di chi dice: scelgo il meno peggio. Ma oggi il vento sembra girare contro il passato.
Cameron si mette in marcia di prima mattina per andare a stanare chi è davanti al pallottoliere del sì o del no. Conosce bene le oscillazioni emotive di un elettorato medio che di cuore si sente lontano dall’Europa ma che poi imbuca la scheda con la testa. È un elettorato che deve essere lavorato fino all’ultimo. E poi ci sono da spingere i giovani che non sognano di stare in un Regno Unito ammalato di nostalgie isolazioniste. L’affluenza è alta, attorno al 70 per cento. Sforzi che svaniscono.
Il referendum segna un solco nel Regno Unito. Ha spaccato i conservatori e ha spaccato i laburisti. Ha dato fiato all’estremismo nazionalista. Ha diviso la Scozia e l’Irlanda del Nord (europeiste) dall’Inghilterra (Brexit). Cameron pensava di uscirne con una facile vittoria. Ne esce lui a pezzi. Leggerezza imperdonabile. Sotto la cenere covano scontri fra i tory e scontri fra i laburisti. E sia la questione scozzese sia la questione nordirlandese torneranno a ruggire. Chi ricomporrà i cocci?