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 2016  giugno 23 Giovedì calendario

Ibrahimovic saluta e se ne va

Ciao, Ibra. E grazie di tutto. Il Belgio fa il suo dovere con il minimo sforzo, batte gli scandinavi 1-0 (bel gol di Nainggolan da fuori area), chiude la carriera in Nazionale di Zlatan, arriva secondo incrociando negli ottavi l’Ungheria e ringrazia l’Italia che, battendolo nella prima partita del girone, l’ha mandato nella parte morbida del tabellone. Wilmots non poteva chiedere di più da questa partita che, combinata con il risultato di Italia-Irlanda elimina Albania e Turchia come peggiori terze. Dire che la banda Wilmots rubi l’occhio sarebbe un’eresia. Ne percepisci la qualità e ti impressiona quando parte nello spazio la 4x100 con De Bruyne, Carrasco, Hazard e Lukaku, ma tutto pare occasionale. L’esperimento di De Bruyne centrale dietro la punta è uno dei misteri della fede, visto che il giocatore del Manchester City fa le cose migliori quando si scambia di posizione con Hazard. È dalla sinistra che pennella un paio di cross da cui nascono le migliori occasioni nel primo tempo. Il Belgio è una grande squadra che sta pian piano entrando nell’Europeo, pronta ad esplodere, o un gruppo talentuoso ma guidato male?
La Svezia, al contrario, è solo certezze, ma di basso livello. È rimasta l’ultima Nazionale del mondo a giocare uno scolastico 4-4-2, che copre bene gli spazi e rifugge la fantasia come se fosse il demonio. Ibra si sbatte là davanti, ma ha 34 anni ed è solo. In tutta la gara la Svezia costruisce solo due occasioni vere. La prima all’inizio, quando un rimpallo in area libera Berg per un facile tiro da 10 metri. Courtois è superlativo per riflesso, ma l’attaccante svedese doveva fare di più. Per la cronaca, il suo è il primo tiro nello specchio della porta di tutto l’Europeo degli scandinavi. La seconda occasione, sulla quale gira in pratica tutto il match, capita all’ottimo Granqvist, che colpisce di testa su corner (38’ s.t.) ma trova l’ubiquo De Bruyne a salvare sulla riga. Un minuto dopo segna Nainggolan. Con l’Italia che prende gol più o meno negli stessi minuti sarebbe bastato che il colpo di testa di Granqvist fosse finito dentro e il tiro di Nainggolan fuori per vedere la Svezia ancora avanti e il Belgio fuori. Ma con i «ma» non si fa la storia.
Storia del calcio svedese che Ibra ha scritto. Saluta con 116 presenze e 62 gol in una nazionale troppo piccola per lui. Non è riuscito a segnare, come Cristiano Ronaldo il pomeriggio, almeno un gol in quattro edizioni dell’Europeo.
Lo avrebbe meritato, magari non ieri sera. E chissà cosa sarebbe successo nel mondo del calcio se Zlatan avesse usato il passaporto croato della mamma anziché innamorarsi di una svedese e, attraverso lei, della Svezia.