Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  giugno 23 Giovedì calendario

Il giallo della provetta di Schwazer che ha fatto riesplodere il caso

Il buio oltre la provetta. Tra i riflessi giallastri dell’urina azzurra più chiacchierata degli ultimi tempi s’anniderebbero elementi sufficienti per inchiodare non soltanto il suo proprietario ma anche l’atletica stessa, cancellando la sua antica e quasi desueta ingenuità. Forse un intero sistema, azzerando le sue residue e malinconiche certezze. Erede legittimo e ancora dolorante del drammatico protagonista di quell’angosciante vigilia olimpica, a Londra nel 2012, quando tra le lacrime scongelò un dolore infinito e un’altrettanto infinita colpa, Alex Schwazer 2.0 è un soggetto monitorato con particolare attenzione. Viene controllato continuamente. Da quando gli organi ufficiali gli hanno confermato la riabilitazione dopo lo sconto della pena, da quanto è tornato ad allenarsi in attesa della scadenza naturale della squalifica e del ritorno alle competizioni, il 31enne sudtirolese è scandagliato come il fondo del mare: un abisso nel quale si teme possa essersi incagliato un carico prezioso o pericoloso. La Iaaf ne conta a iosa, circa 49 test in tutto, sempre avvertendo la Wada, fra urine e passaporto biologico (con il sistema Adams). Il 1° gennaio 2016 la buona novella arriva a Calice di Racines. Alt, controllo. La provetta viene spedita al laboratorio di Colonia. Come negli altri e in quelli della Nado, di cui la Iaaf però non tiene conto, ancora una volta sembra tutto regolare. Qualcosa tuttavia non torna. Il primo screening è di stampo classico e vale per qualunque “sample”. Si cerca tutto ciò che può andare in maniera diretta o indiretta contro i parametri della liceità, si lavora su cellule e ormoni, tenendo sempre in considerazione le sostanze “coprenti”. La provetta effettua un passaggio di garanzia a Montreal. Lì emerge più nitidamente un “moderato” profilo anomalo. Il dato spaventa un po’. Il 13 maggio la Iaaf procede a un secondo test sul medesimo campione. Cinque giorni prima Alex aveva vinto la 50 km del mondiale a squadre di Roma. La Iaaf gli aveva permesso di entra- re nel team olimpico. Era necessario blindare l’esito dell’analisi. O sì o no. Per il secondo controllo lo staff di Colonia utilizza sistemi più raffinati, vuole andare in fondo alla questione. Viene isolato un campo di ricerca. Costi alti ma necessari. Non si trova solo del “banale” testosterone alto, altrimenti sarebbe forse bastato il primo controllo, quello più tradizionale. C’è di più: qualcosa di simile e al tempo stesso di diverso. La nuova “positività” riguarda anche l’epitestosterone, una molecola sorella, uno “stereoisomero del testosterone”. Uno steroide sintetico. Si supera il livello di guardia di 14.7 con il testosterone, di 2.7 con l’altro, al lordo dei margini di errore delle macchine. C’è quanto basta per determinare numeri fuori dalla norma certificabili come doping conclamato. Alcuni principi attivi sembrerebbero più adatti a stimolare le fibre bianche, ad altre discipline (la velocità). Ma non è proprio così. Aumentando la concentrazione di emoglobina, gli anabolizzanti aiutano anche la performance aerobica (le distanze lunghe) migliorando l’ossigenazione del tessuto muscolare durante lo sforzo e incidendo sul sistema neuro-muscolare. Due funzioni abbinate e altamente redditizie. Schwazer ha tempo sino al 28 giugno per le controdeduzioni. Se verranno accettate non sarà sospeso in attesa delle controanalisi, che verranno effettuate il 5 luglio. A quel punto non ci sarà altra verità all’infuori di quella.