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 2016  maggio 31 Martedì calendario

«Per risolvere la crisi delle banche italiane. C’è una sola via d’uscita: Bisogna sottomettersi alla temuta Troika. Ma non vedo alternative». Lo dice Luigi Zingales

La crisi delle banche italiane è molto più grave di quanto non si dica. C’è una sola via d’uscita, l’intervento pubblico. So bene che significa sottomettersi alla temuta Troika. Ma non vedo alternative”. Dall’Università di Chicago, dove insegna Finanza, l’economista Luigi Zingales lancia un appello alla classe dirigente della politica e dell’economia che questa mattina si riunisce alla Banca d’Italia per ascoltare le Considerazioni finali del governatore Ignazio Visco. “Sembra che tutti i protagonisti spingano avanti il problema, cerchino di guadagnare tempo nella speranza che la grana venga ereditata da chi viene dopo”.
La creazione del fondo Atlante che sta salvando Popolare di Vicenza e Veneto Banca non è risolutiva?
No, il fondo Atlante non risolve il problema perché non lo si vuol risolvere. E sa perché? Perché una vera soluzione richiederebbe l’assunzione della responsabilità da parte di molte persone. Invece si cerca di procedere lentamente, senza traumi.
Chi deve assumersi le responsabilità?
Sicuramente chi è stato al vertice della banche in difficoltà. Il fatto che non si sia ancora decisa un’azione di responsabilità sull’ex presidente della Popolare di Vicenza Gianni Zonin mi lascia perplesso. Ma sono cose andate avanti per anni se non decenni, quindi c’è da domandarsi dov’era chi doveva vigilare.
Perché Atlante non risolve?
Atlante sta solo comprando tempo. Impiega 2,5 miliardi dei 4,2 raccolti per ricapitalizzare le due banche venete, e non è nemmeno sicuro che l’intervento sia sufficiente. Certamente non risolve il problema dei crediti deteriorati di tutto il sistema.
I crediti deteriorati sono 350 miliardi, le sofferenze 200 miliardi, 88 al netto delle svalutazioni. È una tragedia da decine di miliardi.
Temo che andiamo più verso il centinaio che verso le decine di miliardi. Non capisco perché tutti dicano che lo Stato non può intervenire. Non è vero. Ci sono delle regole precise, è che non le si vuole utilizzare. Lo Stato può intervenire invocando la crisi sistemica e chiedendo l’intervento del fondo europeo Esm, il cosiddetto salva Stati, come ha fatto la Spagna quando ha chiesto 40 miliardi per salvare le sue banche.
Questo significa mettersi sotto la tutela della temuta Troika, Commissione europea più Banca centrale europea più Fondo monetario internazionale.
Sì, e ovviamente il governo non lo vuole fare. Però guardi, è l’unica strada per dare uno scossone al Paese, e poi, tra essere governati dalla Germania o dalla Troika la differenza è poca. Anzi, mi sembra che ultimamente il Fondo monetario sia più tollerante degli uomini di Angela Merkel.
Nella tragedia bancaria hanno cacciato Federico Ghizzoni dall’Unicredit, una delle poche banche asseritamente sane.
Ha fatto un errore mostruoso, quello di garantire a fermo l’aumento di capitale della Popolare di Vicenza. Senza il fondo Atlante sarebbe potuto venire giù anche Unicredit.
Lei ha fatto uno studio sulla stampa italiana e ha scoperto che aderisce con entusiasmo alle tesi e agli interessi delle banche.
Ho provato a studiare la correlazione tra la linea editoriale sui temi bancari e il livello di indebitamento degli editori, usando i giornali stranieri come punto di riferimento. Sulla nascita del Fondo Atlante, che piace alle banche, i giornali italiani sono molto più favorevoli di quelli stranieri. Sulla riforma della popolari, che alle banche non è piaciuta, i giornali italiani sono più critici di quelli stranieri. Questa divaricazione si accentua nei giornali più indebitati con le banche. Si tratta di due decisioni del governo Renzi: sulla prima sono positivi anche i giornali anti-governativi, sulla seconda sono critici anche i filo-governativi.
I giornali finanziari stranieri sono però accusati di sostenere interessi ostili al sistema bancario italiano.
È vero, però Il Fatto, che non ha banche azioniste e non ha debiti, è il più allineato con la stampa internazionale e non mi risulta sia collegato a interessi stranieri.
Veramente c’è chi lo sostiene. Ma a parte questo, lei vuole dire che il capitalismo di relazione è ancora vivo?
Sta vivendo una nuova giovinezza. Nel 2011, quando la crisi ha cominciato a mordere, qualcuno è anche fallito, vedi Ligresti, e alle Assicurazioni Generali, definite dall’ex presidente Cesare Geronzi la mucca dalle cento mammelle, si sono affidati a un manager fuori dai giochi come Mario Greco. Appena passata la paura Greco è stato, diciamo, lasciato andare via.
La guerra per il controllo del Corriere della Sera si inquadra in questo scenario?
Non conosco il dettaglio, ma so che Urbano Cairo ha fatto bene con La7, è uno in grado di gestire le imprese. Mi auguro che il Corriere diventi un’impresa efficiente e non un luogo di potere.
La Confindustria di Vincenzo Boccia si è dichiarata strenuamente filo-governativa, al punto che Silvio Berlusconi li ha accusati di essere aspiranti sudditi.
Berlusconi sa le cose in prima persona, come Donald Trump quando ricorda a Hillary i suoi versamenti alla Fondazione Clinton.
Che cosa vorrebbe sentir dire dal governatore Visco questa mattina?
Poche parole: “La nostra vigilanza sulle banche non è stata sufficientemente attenta, stiamo facendo un’indagine interna per accertare le responsabilità”.