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 2016  maggio 31 Martedì calendario

Sempre più gente ascolta ancora la radio. Il video non l’ha uccisa (e neanche il web)

“Radio killed the radio star” e ci prova anche con la concorrenza, con buoni margini di successo. Non solo il mezzo ha resistito meglio di altri all’onda d’urto dell’innovazione tecnologica, ma porta a casa anche soddisfazioni in termini di pubblico e di investimenti. Secondo i dati Radiomonitor di Gfk rilasciati a febbraio, in Italia sono 35 i milioni di ascoltatori delle emittenti nazionali e locali, cioè il + 2,1% rispetto al 2014. In tempi di magra per il settore pubblicitario sui mezzi di comunicazione, la radio ha portato buoni risultati anche in termini di investimenti: nel 2015 ha registrato, secondo Nielsen, un segno positivo dell’8.8%.
Anche se i volumi restano differenti rispetto a quelli del nemico per eccellenza, la televisione, la classifica parla di un aumento anche del web advertising, e questo potrebbe non essere un caso. “La radio va molto più in continuità con il web di quanto faccia la tv – spiega Stefano Chiarazzo, Fondatore e curatore dell’Osservatorio Social Vip e del Social Radio Lab –, quindi i modelli che puntano a un mix di investimenti tendono ad andare a braccetto sui due mezzi”. Il legame tra radio e web sembra essere più proficuo del previsto. Sarà che la radio ne ha viste di crisi, nella sua storia, ma pare che abbia gestito l’integrazione in maniera molto più arguta di quanto abbiano fatto altri mezzi, stampa compresa.
“La radio continua a essere il mezzo più immediato, facile da raggiungere e rassicurante. Il solo fatto che sia il media naturale su tutte le automobili del mondo ne è la riprova – commenta Luca De Gennaro, storica voce della radio italiana e autore di Planet Rock – L’ultima rivoluzione (ed. Arcana) –. Ed è un mezzo che sta intercettando in maniera intelligente l’apertura di nuove possibilità di espressione su canali di diffusione diversi dalla tradizionale banda in FM”.
Nel contempo, continua a essere raccontata in più ricerche – da quella di Australian Radio Network (ARN), a una di Gfk/RadioCompass – come la preferita dal pubblico quando vuole sintonizzarsi con il proprio umore, migliorandolo, e stabilire una profonda connessione con le voci on air. È come se la duttilità della radio l’avesse aiutata ad accogliere meglio le novità, e al tempo stesso le avesse fornito un’autorevolezza riconosciuta e indiscussa.
“L’integrazione con le diverse piattaforme è il suo futuro. Un mezzo che dovrà essere sempre presente e che già oggi sta mostrando esempi perfettamente riusciti di sviluppo su piattaforme di trasmissione alternative – continua De Gennaro –. BBC 6 Music, uno dei canali più belli del mondo, viaggia solo in rete. In Italia l’esempio di Casa Bertallot è emblematico; in Usa il successo di un podcast come ‘Serial’, che non ha alcuna esposizione radiofonica tradizionale, è segno di una rivoluzione che sta arrivando”.
Il dialogo con la tecnologia non è solo una questione tecnica. La capacità delle emittenti di rappresentarsi sui social media apre finestre interessanti sulla comunicazione.
Radio Italia è una delle emittenti con il più alto numero di fan su Facebook, ma secondo l’analisi delle interazioni di Blogmeter pubblicati su DataMediaHub, la miglior performance sul social in termini di coinvolgimento è stata, ad aprile, quella di Radio Maria (su Twitter ha vinto Rtl 102.5).
Il successo della comunicazione di una radio online, per essere calcolato, deve considerare almeno tre livelli: “Restando su Facebook, bisogna analizzare la pagina della Radio, quella del programma (che spesso ha più interazioni) e la fanpage dello speaker”, dice Chiarazzo.
Finestre tutt’altro che virtuali sui dietro le quinte e sull’identità editoriale, da sempre fondamentale. “Ho definito ‘l’ultima rivoluzione’ il periodo che ho raccontato nel libro sul programma radiofonico ‘Planet Rock’, perché quelli sono stati gli ultimi anni prima di Internet, in cui la radio era l’unica ‘finestra sul mondo’ per i giovani appassionati di musica alternativa che ci seguivano ogni sera. Era il solo modo per sentire concerti e conoscere le nuove uscite discografiche di un triennio (1991-1994) molto fertile e stimolante – chiude De Gennaro –. Oggi una radio non può prescindere da tre elementi: integrazione delle piattaforme; creazione di eventi sul territorio e una personalità forte e distintiva. Ogni canale radio deve essere immediatamente riconoscibile e parlare a un tipo di pubblico. Pretendere oggi di fare la radio per tutti vuol dire rischiare di non farla per nessuno”.