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 2016  maggio 31 Martedì calendario

«Gli americani considerano giovane la loro Costituzione dopo più di 200 anni…». Ecco cosa disse Giorgio Napolitano a Myrta Merlino, in occasione del referendum del 2006

Pubblichiamo una parte dell’intervista che Giorgio Napolitano rilasciò a Myrta Merlino per il programma Economix (andò in onda il 15 aprile 2006 su RaiTre). Si parlava di Costituzione e dei 60 anni della Repubblica. Napolitano era senatore a vita, di lì a poco voterà la fiducia al governo Prodi e il suo nome era tra i candidati alla presidenza della Repubblica. In quel giugno si tenne il referendum sulla riforma costituzionale di Berlusconi e Bossi, che ha più di una parentela con quella di Renzi, Alfano e Verdini.
Napolitano, volevo affrontare con lei è il tema della riforma della Costituzione. Mi pare di capire che lei considera la nostra ancora una Costituzione giovane e fresca. Non crede che sia invecchiata.
Gli americani considerano giovane la loro Costituzione dopo più di 200 anni…
Però il centrosinistra ha molto modificato il titolo V. E molto ora il centrodestra, cambiandone oltre 50 articoli. Ecco, in entrambi i casi importante è stato il metodo: si è fatto in Parlamento, senza raggiungere la maggioranza dei due terzi e dunque si è arrivati a un referendum. È giusto riformare la Costituzione a colpi di maggioranza?
No, non è giusto. Credo però che la riforma del titolo V operata dalla maggioranza del centrosinistra sia stata preceduta da consultazioni, in modo particolare con le Regioni, che erano interessate al federalismo. Anche se alla fine non ci fu accordo in sede politica. La legge di revisione costituzionale approvata di recente, e che è sottoposta a referendum confermativo, è stata invece davvero un colpo di maggioranza, non c’è stato nessun dialogo, nessun confronto, e io credo che in generale occorre cercare la più larga intesa per qualsiasi modifica della Costituzione.
Quindi, secondo lei, non sarebbe da riformare l’articolo 138, ma bisognerebbe trovare ampie intese per affrontare il cambiamento?
C’è chi sostiene che l’articolo 138 vada modificato nel senso di rendere obbligatoria la maggioranza dei due terzi. Forse questo è troppo. Se ne può ragionare e bisogna ragionarne tutti insieme, maggioranza e opposizione.
Entro giugno ci sarà il referendum che dovrà approvare o abrogare la riforma che il governo Berlusconi ha approvato in Parlamento. Quali sono secondo lei i punti che proprio non bisogna che passino perché stravolgerebbero la Carta?
Non deve passare una eccessiva amplificazione dei poteri del Capo del Governo. Non deve passare una riduzione dei poteri del Presidente della Repubblica come figura garante della Costituzione e dei valori costituzionali e credo che non debba passare l’enorme pasticcio che si è combinato tra il Senato, più o meno battezzato “federale” e la Camera, che provocherebbe la paralisi del procedimento legislativo.
È un referendum molto difficile, gli italiani faranno fatica a capirlo e non prevede un quorum. Quindi è un referendum per cui basta un solo voto in più di una maggioranza anche molto piccola e questa riforma passa. Non lo considera un pericolo reale?
Dipende da come si impegneranno i tanti che credono nella necessità di bocciare questa revisione. È un problema di volontà e sensibilità politica che spetta ai partiti coltivare e stimolare.
Non sarà l’ennesimo elemento di divisione e lotta fra le parti politiche?
Spero di no. Penso che una parte di coloro che in Parlamento hanno votato per la revisione costituzionale non era poi tanto convinta e tantomeno credo lo sia oggi.