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 2016  maggio 31 Martedì calendario

La maledizione di Montolivo, dopo i mondiali salta anche gli Europei. Una breve rassegna di chi non ce l’ha fatta, dal Trap a Buffon passando per un calcio nelle palle senza il quale Italia-Germania forse non sarebbe finita 4 a 3

La lunga rincorsa di Riccardo Montolivo all’Europa si è fermata nel modo più banale, con un risentimento al polpaccio buono nel breve allenamento post-partita imposto da Conte nell’umida notte di Malta, un fastidio di lieve entità che però di fatto lo esclude dai papabili. E pensare che il ct aveva deciso di non rischiarlo contro la Scozia. Due anni fa il capitano del Milan si ruppe la tibia contro l’Irlanda a Londra e disse addio al Mondiale, mentre le tv furono costrette a ritirare lo spot dannatamente profetico in cui restava nello spogliatoio a mangiare carne in scatola e la squadra andava in campo senza di lui.
Infortuni last minute, destini riscritti all’ultimo momento: la storia azzurra ne è piena. Di questi tempi il logorio del pallone moderno presenta il conto. L’Europeo 2000 esaltò Francesco Toldo, che parò tre rigori all’Olanda e mandò gli azzurri in finale. Ma la strada gliel’aveva spalancata l’incidente a Buffon nell’ultima amichevole, contro la Norvegia a Oslo: frattura della mano sinistra, finita contro un palo nel vano tentativo di evitare il gol di Carew. In quella partita s’infortunò pure Conte, che però andò lo stesso in Belgio e Olanda (e lì si arrese a un duro intervento di Hagi). Buffon altre volte si è bloccato al via: in Sudafricanella prima partita, in Brasile alla vigilia del debutto con gli inglesi.
La maledizione dei portieri colpì anche Angelo Peruzzi a Coverciano prima del mondiale ‘98. Si stava allacciando una scarpa, sentì una fitta. «Pensavo che Di Livio mi avesse tirato un sasso». Stiramento al gemello della gamba sinistra, stampelle, un mese di stop, largo a Pagliuca. Una docente della Sapienza arrivò a ipotizzare un infortunio psicologico dovuto al peso della finale di Champions perduta dalla Juve contro il Real e delle responsabilità di un Mondiale. Peruzzi non ha mai giocato in coppa del mondo ma ha sollevato quella del 2006, da riserva. Sempre nel ’98, Fabrizio Ravanelli lasciò la Francia la mattina dell’11 giugno: nel pomeriggio si giocava Italia-Cile. La sera precedente aveva la febbre a 40 per un focolaio di broncopolmonite, Cesare Maldini inviò all’ultimo secondo la richiesta alla Fifa di sostituirlo con Chiesa.
Fabio Cannavaro, capitano e campione del mondo, perse l’Europeo 2008 per un’entrataccia sulla caviglia da parte del giovane e incosciente Chiellini in ritiro in Austria, a una settimana dall’esordio. Restò a fianco del gruppo, rincuorò il suo giustiziere, «non è colpa tua, adesso segna per me». L’oriundo Romulo, invece, due anni fa era nei 23 ma disse in lacrime a Prandelli: «Non sto bene, non è giusto». In azzurro non ha mai esordito.
Trapattoni era molto atteso al Mondiale ‘62 in Cile, un infortunio contro il Belgio in amichevole lo relegò a spettatore. Ma la storia più incredibile resta quella di Pietro Anastasi al mondiale messicano del ’70. Era in ritiro con gli azzurri a Toluca, aveva ventidue anni e prendeva in giro un massaggiatore, scaramucce da spogliatoio. Fin quando quello si stufò e lo colpì proprio lì: per Anastasi una notte insonne, un dolore insopportabile, torsione di un funicolo spermatico, l’operazione. Valcareggi al suo posto ne chiamò due, Prati, acciaccato, e Boninsegna, e tagliò Lodetti, che non gliela perdonò mai. Fu così che Bonimba giocò a Città del Messico, segnò un gol e diede a Rivera la palla del 4-3 alla Germania. Era la Partita del Secolo.