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 2016  maggio 31 Martedì calendario

E così la virologa Ilaria Capua tornerà a fare la scienziata a tempo pieno in Florida. «Lascio l’Italia per sfuggire al fango»

Le valigie non sono ancora pronte. Ma c’è la data della partenza: il 16 giugno, tra due settimane. E la lettera di dimissioni è già stata consegnata al suo gruppo, Scelta Civica, con cui era entrata alla Camera dei deputati al tempo di Mario Monti. La virologa Ilaria Capua, da questa data, tornerà a fare la scienziata a tempo pieno in Florida, in un centro di eccellenza a Gainesville dove sarà full professor, e diventerà una ex parlamentare [leggi qui l’articolo di Paolo Mieli].
È vero che l’Italia disprezza la scienza?
«Abbiamo menti brillanti, ragazzi preparati, ma non abbiamo un sistema che li tuteli e li valorizzi, questo è vero. Su un certo oscurantismo nei confronti della scienza non ci devo tornare su io: il livello generale di interesse per le questioni scientifiche è purtroppo basso. Ecco poi i casi “stamina” o la guerra ai vaccini, anche se quest’ultimo non è un fenomeno solo italiano».
Parte delusa?
«Mah... Quello che penso è che l’Italia chiude le porte quando i buoi sono scappati. Non sono il primo ricercatore ad andarsene e non sarò l’ultimo. Penso però che la mia situazione sia particolare perché sono un cervello maturo e ho una serie di caratteristiche che il 25enne non ha. Ho un network internazionale, sono stimata nel mio mondo, tant’è che ho continuato a tenere relazioni come quella al Centro europeo di Malattie infettive a Stoccolma: l’Italia così non perde solo la mente da scienziato, perde anche una persona credibile e rispettabile il cui nome era spendibile nei circuiti internazionali».
Dunque l’Italia l’ha persa definitivamente?
«La mia sintesi è che vendo la pelle ma non vendo lo scalpo: per tutta una serie di motivi ho deciso che il tempo che mi resta da vivere devo investirlo meglio. Voglio restituire ai giovani ricercatori quello che so fare, ho compiuto i 50 anni, un giro di boa. Tant’è che negli ultimi 3-4 mesi ho parlato con il rettore dell’Università di Padova, con il presidente dell’Istituto superiore di Sanità, con il governatore del Veneto, Luca Zaia, per dire che io ci sono e che la mia è una parentesi di vita oltreoceano che vorrei potesse tornare utile anche ai ragazzi validi italiani».
I ponti rimangono giù insomma...
«Sì, assolutamente. E ci tengo a sottolineare che non ho mai preso lo stipendio da parlamentare, dunque non ho vitalizi o benefit da onorevole che mi seguiranno. Per me seguire Monti era una missione, non sono andata in Parlamento perché non avevo di meglio da fare, ma per portare avanti determinate istanze. Ho continuato a prendere lo stipendio dell’Istituto Zooprofilattico delle Venezie. Ora prendo questo incarico negli Usa e ci sono buone possibilità che l’Istituto mi conceda l’aspettativa».
Veniamo alle accuse che le sono state mosse. A che punto siamo nel processo?
«Sono ancora in attesa che si concludano le udienze preliminare».
Non è mai stata sentita?
«No».
I fatti risalgono al ’99-2007. Il dossier è uscito quando è entrata in Parlamento. L’ha considerato un attacco politico?
«L’ho considerato un attacco, politico o scientifico, di certo un attacco. Violentissimo».
Lei ha cercato gli Usa o gli Usa hanno cercato lei?
«Mi hanno contattata per partecipare al bando e l’ho fatto. Ma il vero motivo per cui me ne vado è che non voglio e non riesco ad essere un’anatra zoppa. È così che si diventa nel momento in cui parte la macchina del fango: ogni volta che io cerco di spingere qualcosa in Parlamento esiste sempre qualcuno che può alzare la mano per ricordare quel caso».
È successo?
«Certo, in commissione Cultura nell’aprile del 2014 fui attaccata violentemente. Chiesero le mie dimissioni. Tant’è che il mio modo di essere in questi due anni è stato: vola bassa».
Tornerebbe a fare la parlamentare?
«No, anzi: sono diventata contraria all’impegno civico in politica a meno che non si dia spazio alle persone che per amore del loro Paese lasciano una professione di successo».
Ma questo spazio non dipende dal voto dei cittadini?
«Io parlo dello spazio che ci danno in Parlamento: quello che dicono sempre a noi outsider è che la valutazione deve essere politica, non deve entrare nel merito. L’esperto non lo ascolta mai nessuno. Ma è nel merito che abbiamo molto da dire e che vorremmo essere ascoltati».