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 2016  maggio 31 Martedì calendario

La confessione del killer di Sara: «Sono un mostro» • Il nuovo procuratore della Repubblica di Milano è Francesco Greco • Le inferriate della Casa Bianca diventeranno alte il doppio • Habré, primo dittatore condannato in Africa per violenze e torture • L’impiegato che ha strangolato il figlio di sei anni e poi s’è impiccato • Ballare fa bene alla salute

 

Sara 1 Vincenzo Paduano, 27 anni, vigilante, all’1.15 di lunedì ha confessato d’aver ucciso l’ex fidanzata Sara Di Pietrantonio, 22 anni (vedi Fior da fiore di ieri): «Allora è vero, sono proprio un mostro». Dopo otto ore trascorse a piangere, tremare, ma soprattutto negare di essere l’assassino di Sara sfidando la polizia con alibi fasulli, ha ammesso in lacrime di aver dato fuoco all’ex fidanzata. «Sì sono uscito dal lavoro e sono andato a cercare Sara. Sapevo che stava dal nuovo fidanzato e l’ho aspettata sotto casa». Non lo ammette, ma sembra che avesse attivato il dispositivo per «seguire» il telefono della giovane. «Li ho visti arrivare in macchina insieme e ho aspettato fino a quando lei non è andata via. So che strada fa per arrivare a casa e quindi l’ho preceduta per bloccarla. Quando è passata l’ho inseguita per un po’ e poi l’ho stretta con la macchina per farla fermare». Lei scende dall’auto, discutono, poi sono di nuovo a bordo. Lui ammette che la situazione è degenerata, ammette anche di essere andato con la premeditazione di farle del male. «Abbiamo cominciato a litigare e io ho tirato fuori una bottiglietta di alcol che avevo portato. L’ho spruzzato nell’auto, anche addosso a Sara. Ma volevo solo spaventarla». Sara scappa, lui dà fuoco all’auto, poi la bracca, le è addosso. Gridano. Ora Paduano entra nei dettagli. «Quando è scappata ho deciso di rincorrerla. Eravamo vicinissimi. Poi non so bene che cosa è successo. Mi sono acceso una sigaretta e lei ha preso fuoco». È l’ennesima bugia. Sarà l’autopsia a dire se l’abbia immobilizzata e strangolata, o semplicemente tenuta ferma mentre avvicinava la fiamma ai suoi vestiti inzuppati di alcol. Lui però torna distante quando afferma: «A quel punto che potevo fare?». Va via mentre lei è ancora viva e si dibatte tra le fiamme. Torna verso la sua auto, fa velocemente retromarcia e sparisce. Sara muore tra atroci sofferenze, neanche mezz’ora dopo lui è al lavoro nella guardiola del palazzo. Aspetta che arrivi il cambio del turno, tenta di costruirsi un alibi (Sarzanini, Cds).

Sara 2 Sette giorni prima dell’assassinio, Paduano vede la «sua» Sara — «Sissi» per le amiche — baciare un altro ragazzo, Alessandro. Il 27enne matura il progetto di «vendetta». Sabato si presenta a casa della ex, lei nega di avere un altro e la mamma prova a mediare. Poi Vincenzo va al lavoro — vigilante in un palazzo all’Eur — e da lì si connette all’iPhone della studentessa. Sara intanto è con un’amica — Flaminia — fino all’1.30 poi raggiunge Alessandro in un pub. Ad attenderli sotto casa di lui però c’è Vincenzo: aspetta che la ragazza salga sulla sua auto e poi la precede sul percorso verso la sua abitazione a Ponte Galeria. In via della Magliana la sperona, costringendola a fermarsi. Una telecamera inquadra le auto e due persone che litigano. Lei risale in auto, lui la segue portandosi dietro una bottiglia d’alcol. È la prova della premeditazione. Vincenzo le spruzza il liquido su petto e volto quando è ancora seduta. Lei fugge e lui brucia l’auto. Dietro un muretto, dopo averla inseguita, la finisce. L’autopsia dirà se prima la strangola o le getta una sigaretta addosso mentre è ancora viva (Fiano e Frignani, Cds).

Sara 3 Due i giovani in scooter hanno visto la scena senza capirne la gravità. Il primo è un meccanico diciottenne: «Ho visto quei due che litigavano e poi, ripassando, l’auto bruciata». Il secondo è un ventenne della zona: «Sì, la ragazza bionda agitava le braccia, forse chiedeva aiuto, ma poteva essere qualsiasi cosa. Davanti a lei c’era un ragazzo». Entrambi hanno collegato solo domenica di aver quasi assistito a un omicidio e sono andati dai carabinieri (ibidem). [Sull’argomento leggi anche il Fatto del Giorno]

Greco 1 Il nuovo procuratore della Repubblica di Milano è Francesco Greco, 64 anni. Già pubblico ministero del pool Mani Pulite e fino a ieri procuratore aggiunto nello stesso ufficio, ha raccolto 17 voti nel plenum del Consiglio superiore della magistratura, rispetto ai 4 per Alberto Nobili e 3 astensioni. Un risultato vicino all’unanimità, come auspicava il vicepresidente del Cam Giovanni Legnini che, rispettando la prassi, non ha partecipato alla votazione. Greco è un magistrato che «ha maturato un bagaglio di conoscenze ineguagliabile nel diritto penale dell’economia», come sottolineato dalla relatrice Balducci: «È il procuratore ideale in un contesto nel quale, tristemente, l’economia condiziona quasi tutte le attività criminali» (Bianconi, Cds).

Greco 2 Greco, considerato il massimo esperto in Italia nella lotta alla criminalità finanziaria, è convinto che per fare veramente male a certi colletti bianchi bisogna colpirli più nel portafoglio che nella libertà personale: «Iniziamo a portare a casa il bottino, poi si vede…». Non è un caso perciò se solo negli ultimi 5 anni il dipartimento da lui guidato ha trattato 14mila fascicoli, portando nelle casse dello Stato oltre 3,6 miliardi di euro e praticamente senza quasi mai mandare in carcere qualcuno. Protagonista di indagini finanziarie clamorose negli ultimi 10 anni - dalla scalata occulta del banco Ambrosiano al crack Parmalat fino alle vicende dell’Ilva, passando da Mps, Google e Apple - si deve a Greco, per esempio, la scoperta della famosa galassia off-shore di Berlusconi, quell’«All Iberian» che fu all’origine di tutti i successivi guai giudiziari del Cavaliere (Colonnello, Sta).

Casa Bianca Ieri una donna ha lanciato un pacco sospetto oltre il recinto della Casa Bianca. Allarme rientrato dopo poche ore, ma non è la prima volta che la residenza del presidente americano viene violata (ad esempio mese scorso due intrusi sono stati bloccati mentre correvano nei giardini dopo aver scavalcato l’inferriata). Il punto debole è il recinto: «del tutto insufficiente» ha riferito Thomas Dougherty, capo dell’ufficio strategico del servizio segreto. I tecnici hanno già studiato un progetto con la contromisura considerata essenziale: l’altezza della barriera va raddoppiata. Oggi misura 2,38 metri, deve arrivare a 4,76 metri. È probabile che il cancello venga alzato mantenendo la stessa struttura di oggi: con le punte di lancia più alte e più strette. I lavori dovrebbero cominciare nel 2018 (Sarcina, Cds).

Habré Hissène Habré, 73 anni, ha governato il Ciad dal 1982 al 1990 ordinando l’uccisione di 40 mila persone, prima di essere deposto e fuggire in Senegal. Seviziava le vittime di persona, in una grande piscina trasformata in mattatoio. Oppure consigliava la tortura più opportuna al telefono o via walkie-talkie. Elettroshock, bruciature di sigarette, gas sparato negli occhi, il «numero della baguette»: la testa stretta tra due bastoni legati con una corda che, attorcigliandosi, produceva una sorta di panino dell’orrore. Ieri in Senegal Habré è stato condannato all’ergastolo: per crimini contro l’umanità, violenza sessuale, messa in schiavitù di donne e bambine. A giudicarlo, «per conto dell’Africa», tre magistrati con l’ermellino sul petto e il mandato della Extraordinary African Chambers (Eac), tribunale senegalese sostenuto dall’Unione Africana (Au). Un ibrido giuridico, una prima volta importante: nessun ex presidente africano era mai stato processato in Africa, da un tribunale sostenuto dall’Africa (anche se finanziato in parte da Ue e Usa), per violazione dei diritti umani. Urla di gioia hanno accolto la sentenza al tribunale di Dakar: una sala a due piani, gremita, dove nei mesi scorsi si sono susseguiti più di 90 testimoni. Quattro donne hanno avuto il coraggio di raccontare la loro vita da schiave sessuali in una base nel deserto, guardando in faccia il violentatore: una aveva 13 anni quando fu stuprata dal presidente (che ha rigettato le accuse bollando le donne come «prostitute ninfomani»). A celebrare la condanna di quello che i detrattori chiamano «il Pinochet africano» c’erano vittime, familiari, sopravvissuti, avvocati delle oltre 4 mila parti civili. Anche il Ciad, dove la gente è scesa in strada a festeggiare la sentenza, ha appoggiato l’istituzione del «tribunale ibrido» e il processo al vecchio leader (Farina, Cds).

Delitto Pietro, 6 anni. Iscritto alla prima elementare, magrolino e fin troppo timido, un lieve autismo affrontato a scuola e in famiglia, faceva fatica a relazionarsi con gli altri. Figlio di Piera Pini, 45 anni, infermiera, e Protasio Enrico Sala, 43 anni, factotum alla casa di riposo Visconti Venosta di Grosio (Sondrio), più che una simpatia per il Pd, i calciatori dell’Inter e la briscola uniche passioni. Costui stava costruendo un villino color salmone a Tovo Sant’Agata perché mal sopportava la convivenza con la suocera nella casa a Grosio. Dicono però che la moglie fosse contraria all’idea di trasferirsi lì, che non voleva lasciare la vecchia madre. Domenica mattina il Sala andò con Pietro nel villino che stava sistemando, lo mise su una sedia, lo strangolò. Subito dopo legò una corda a una trave, l’altro capo se lo girò attorno al collo, e si lasciò penzolare. Mattina di domenica 29 maggio in un villino color salmone a Tovo Sant’Agata, venti chilometri da Sondrio.

Ballare Uno studio appena pubblicato sulla rivista della Società dell’Ipertensione americana dimostra che se i pazienti ipertesi ballano hanno bisogno di meno farmaci per raggiungere livelli normali di pressione. La danza greca, il sirtaki, è stata invece usata in un altro studio, pubblicato sullo European Journal of Cardiovascular Nurses, che ha coinvolto pazienti con insufficienza cardiaca cronica, persone che lamentano una difficoltà a camminare e al movimento in generale. Ebbene, in questi pazienti greci, 12 settimane di danza popolare hanno prodotto un rafforzamento della muscolatura delle gambe e quindi un miglioramento della loro capacità di muoversi. Nel Parkinson il ballo è ormai diventato un must e anche per le demenze comincia a essere usato per lo stimolo positivo che dà alla memoria, sia evocando quelle più antiche, magari associate a un brano musicale, sia facendo lavorare quella più a breve termine quando si devono ricordare dei passi. Il ballo aiuta anche a combattere l’osteoporosi, perché attiva la produzione di nuovo tessuto osseo. E fa bene a chi soffre di diabete: gli zuccheri vengono metabolizzati con maggiore facilità (Gabaglio, Rep).

(a cura di Roberta Mercuri)