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 2016  maggio 29 Domenica calendario

Una storiella su chi deve lavare i panni sporchi in casa che fa riflettere

Una volta un uomo e una donna decisero di sposarsi. Prima di giurarsi eterna fedeltà però, visto che entrambi avevano un lavoro e impegni mondani, si accordarono circa l’esecuzione dei lavori domestici: se li sarebbero divisi equamente, in amorevole alternanza.
Così fu e all’inizio la faccenda funzionò magnificamente. Se uno apparecchiava, l’altra sparecchiava. Se lei lavava i piatti, lui li asciugava. Così per i panni sporchi che, come si sa, vanno lavati in casa propria: se lei li lavava, lui li stendeva, se lei li ritirava, lui li stirava. Ma se li ritirava lui era lei a stirarli, e via così, senza che ci fossero ruoli fissi, evitando la ripetitività dei gesti e la conseguente, inevitabile noia: a ogni azione corrispondeva una reazione uguale e concorde all’accordo prematrimoniale.
Il ménage funzionava talmente bene che pure i colleghi di lavoro dei due sposini se ne avvidero. Gli uni si stupirono per quanto fosse abile lui nello stirare i colletti delle camicie, le altre cinguettarono alla vista della pelle delle mani di lei che non subiva i quotidiani attacchi di detersivi e sbiancanti. Dei due a un certo punto si interessarono anche alcuni giornali e addirittura un’emittente televisiva, descrivendoli come l’esempio migliore per conservare l’armonia familiare ed evitare litigi o, peggio, separazioni.
Fu quando anche un editore propose loro di scrivere un manuale sulla ripartizione dei lavori domestici che accadde un fatto. La donna infatti si avvide che su mobili e quadri si era deposto un vistoso strato di polvere e lo eliminò nel corso di una mattina durante la quale era sola in casa. Per parte sua l’uomo, dovendo reagire come da accordi, il giorno seguente fece razzia di polvere di variegata origine e ripristinò lo status quo. La moglie fu molto soddisfatta del gesto del marito ma poco dopo averlo ringraziato le sorse un dubbio: se lei adesso avesse spolverato, a lui sarebbe toccato impolverare di nuovo, innescando un meccanismo che avrebbe interrotto la dolce, democratica alternanza, e minato alla radice gli accordi prematrimoniali. L’uomo si disse d’accordo con l’obiezione muliebre e propose di aprire un tavolo per discutere la faccenda e trovare una via d’uscita. Così fecero, ragionando senza animosità e sempre trovandosi d’accordo.
Alla fine, dopo giorni e giorni di discussione, considerato che si trovavano in una specie di vicolo cieco dal quale non c’era modo di uscire, decisero che l’unica cosa da fare fosse divorziare.
Così fecero. Dopodiché vissero felici e contenti.