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 2016  maggio 29 Domenica calendario

Alibabà tra i contadini cinesi. Così Pechino vuole sconfiggere la povertà con l’e-commerce

Lei Tang è una mamma di trent’anni. Sorride dietro la postazione che Alibaba, il gigante dell’ecommerce cinese, ha costruito sei mesi fa nel suo villaggio. Un prefabbricato in legno di una ventina di metri quadri al limite della sua Dachong, tremila abitanti dediti principalmente all’agricoltura. Il suo nuovo lavoro consiste nell’aiutare i contadini della zona a comprare, vendere e a pagare le utenze online. Accoglie una trentina di persone al giorno e guida i più intraprendenti a richiedere prestiti attraverso la piattaforma di microcredito aperta dalla stessa azienda. Finora cinque persone hanno richiesto un credito di circa 4mila euro ognuno. C’è chi vuole ampliare l’orto e chi riparare il tetto della porcilaia. 
Ma c’è una signora sui 60 anni che ha deciso di fare del suo passatempo un business. Ha aperto un negozio online di calzini di lana e ha già bisogno di un aiutante.
Nella sola Dachong ci sono altre due postazioni simili, una è gestita da Jingdong, il competitor di Alibaba, l’altra dalle Poste di stato. Quest’ultima, secondo il direttore dell’ecommerce della contea Jiang Jinquan, «non sopravviverà al mercato». Lei Tang non è soddisfatta. Guadagna a percentuale, ma tira su più di 400 euro al mese, «quanto un’insegnante delle medie». E ha possibilità di crescita. Per pubblicizzare i suoi servizi, la sera trasforma gratuitamente il suo locale in una balera. Sa che molti torneranno di giorno a curiosare. E qualcuno di loro si avvarrà dei suoi servizi. «Quando ho scoperto di essere di nuovo incinta pensavo di dover emigrare. Alibaba e il governo mi hanno dato la possibilità di rimanere qui».
In Cina, a fine 2015, c’erano 688 milioni di utenti attivi. «Appena» il 30% si collegava dalle campagne ma quasi due terzi di loro comprava online. Una percentuale simile a quella delle grandi metropoli e con un potenziale di crescita incomparabile legato alla penetrazione ancora superficiale di internet. Le transazioni online hanno superato la cifra record di 525 miliardi di euro, un incremento del 33% rispetto al 2014. Le dimenticate aree dell’entroterra hanno contribuito con oltre 26 milioni di euro, più 22,5 sull’anno precedente. E c’è una novità: non solo si compra, si vendono i prodotti locali. Zhongnanhai, il Cremlino cinese, per scongiurare il rallentamento della crescita punta su servizi e consumi. Così ha scelto 200 contee dove, con un investimento di 270 milioni di euro, favorirà la sperimentazione del modello Alibaba. Parola d’ordine: e-commerce rurale.
Qui, nella contea da 500mila abitanti di Qingzheng sono state aperte 176 postazioni come quella che fa felice Lei Tang. Le merci passano attraverso due snodi fondamentali che hanno ribattezzato «porti intelligenti». Sono giganteschi poli multifunzionali principalmente adibiti a magazzini. Ma ci sono anche alberghi a ore, meccanici, punti di ristoro e supermercati per i camionisti che passano di lì. Tutti nuovi posti di lavoro. Non solo. Un’azienda di Singapore, la Glp, ha fiutato l’affare che poteva nascere dall’abbassare e velocizzare il prezzo dei trasporti. Così ha creato Mashangdao, un’applicazione come Uber che permette ai camionisti di coordinarsi con i «porti» e riempire i camion anche nei viaggi di ritorno. Un mega schermo nella struttura centrale descrive posizione e disponibilità degli utenti. Oltre 800mila camionisti si sono iscritti in tutto il paese. Secondo Yu Jianggan, direttore operativo, «i tempi di consegna si sono ridotti di un terzo e i costi del trasporto sono dimezzati». 
Jin Yulong, direttore dell’ufficio locale di propaganda, ha i denti anneriti dal fumo, le scarpe sformate e le mani di chi lavora la terra da una vita. È entusiasta: «In soli sei mesi i miei concittadini hanno aperto 300 negozi online. Chi è andato a fare l’operaio in città può pensare di ritornare».