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 2016  maggio 29 Domenica calendario

Saranno i vecchi scienziati a fare i nuovi antibiotici

Alla fine saranno ancora una volta gli anziani, con le loro conoscenze, che ci salveranno. È scritto in un progetto discusso la settimana scorsa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che dovrebbe salvare il pianeta dalla catastrofe delle malattie infettive: rintracciare tutti i ricercatori e gli scienziati nel mondo che dagli Anni 50 agli Anni 90 si sono occupati di studiare e produrre nuovi antibiotici per inserire in un database globalizzato tutto il loro sapere.
«Abbiamo bisogno delle loro conoscenze per trasmetterle alle nuove generazioni di ricercatori. Si tratta di rintracciare uomini e donne che hanno lavorato in società farmaceutiche, gruppi accademici, università. Persone ormai anziane che sono state utili fino agli Anni 90 e poi sono state messe in disparte perché gli antibiotici non rappresentavano più un affare. È uno dei motivi per i quali i batteri non trovando quasi più nessun argine, si sono modificati diventando in alcuni casi refrattari a qualsiasi cura», spiega Andres Mcallister, di origine colombiana ma con passaporto italiano, fino a tre mesi fa direttore scientifico di un’importante multinazionale farmaceutica di Losanna e ora, insieme all’inglese di origine cingalese Manica Balasegaram, animatore del progetto progetto “Gard” (Global Antibiotic Research and Development Partnership), organizzazione non governativa e senza fini di lucro con base a Ginevra. «Siamo di fronte a una situazione pericolosissima, e non solo per i Paesi più poveri, come dimostra il caso della donna di Philadelphia risultata portatrice di un batterio inattaccabile. Per questo dobbiamo recuperare la memoria di chi ha già affrontato i problemi dell’evoluzione dei batteri e capire come combatterli. Purtroppo nelle società farmaceutiche è un sapere che in molti casi o è andato perduto o nessuno ha interesse a far conoscere».
Il progetto di cui ha discusso la scorsa settimana anche l’Oms, potrebbe scongiurare l’allarme sull’inefficacia degli antibiotici che, secondo uno studio inglese della Fondazione Welcome Trust, nel 2050 potrebbe provocare milioni di vittime. In parte per colpa dell’uso sconsiderato che degli antibiotici è stato fatto negli ultimi decenni permettendo ai batteri di modificarsi in continuazione. E l’Italia risulta essere in Europa, insieme a Grecia, Francia e Belgio, la nazione che più di altri ha abusato di antibiotici, balzando addirittura al primo posto (2011) nel campo dell’allevamento animale. Ma l’altra faccia della medaglia è rappresentata dal fatto che, come spiega il direttore di Gard, dottor Balasegaram, «il batterio ha una sua “intelligenza” che gli permette di trasmettere informazioni sulla resistenza agli antibiotici ad altri batteri. Il problema esiste da una quindicina di anni ma ora, vivendo in una società sempre più globalizzata, è diventato urgente: questa trasmissione di dati tra un batterio e l’altro sta facendo perdere velocemente efficacia agli antibiotici che conosciamo che se fino a 15 anni fa funzionavano al 90 per cento, oggi non superano il 70». I più diffusi sono stati studiati tra gli anni Settanta e Ottanta; ma se nel 1984 erano stati approvati 19 nuovi antibiotici, tra il 2010 e il 2010 la Food and Droug Administration Usa ha concesso una sola licenza. Poi basta. Per dire, la Pfizer, la più grande casa farmaceutica del mondo, ha chiuso la ricerca sugli antibiotici nel 2011. Il nuovo business farmaceutico è il cancro ed è lì che si sta concentrando la ricerca. Ma le malattie sono subdole, così quelle infettive sono tornate ad uccidere anche nei paesi evoluti. «Si possono intraprendere molte strade per fronteggiare questo problema prima che si trasformi in una catastrofe: da una parte recuperare i vecchi studi per dar vita a formule diverse, dall’altra cercare di fronteggiare le infezioni con combinazioni tra diverse medicine, non soltanto con gli antibiotici che non vanno mai usati con leggerezza», spiega Balasegaram. «Infine bisogna sapere che ci sono ottimi antibiotici che però non sono stati prodotti perché privi di brevetto e dunque economicamente poco interessanti. Vogliamo produrli noi, accordandoci con aziende e governi che ci vorranno sostenere».
“Gard” ora si è affiliata a Dndi, Ong che si occupa dello sviluppo di medicinali per il Terzo mondo, finanziata dalla Fondazione Bill Gates. Colossi del “no profit” pronti a cambiare le regole del gioco nella ricca partita della farmaceutica.