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 2016  maggio 29 Domenica calendario

Immagini che raccontano un altro Iran

Riusciranno queste immagini dell’Iran visto dai suoi abitanti a modificare la percezione che in Occidente si ha di un paese dalla cultura millenaria ma che da noi è visto come luogo di ostaggi e di chador, e di ayatollah che complottano per il terrorismo mondiale? Un paese “che ha l’inganno nel suo Dna”, come disse al Congresso Wendy Sherman, che era capo della delegazione statunitense al negoziato nucleare. «Sono immagini che ci danno un racconto sorprendente della vita in Iran» dice uno degli autori del progetto #1415Iran. Dagli occhi degli instagramers persiani emerge infatti un paese dalle mille sfaccettature, straordinariamente diverso dalle visioni conosciute in tutto il mondo attraverso film come Argo. Un paese in continua evoluzione, con una popolazione di giovani in lotta per il diritto alla soggettività e all’autonomia individuale di fronte a uno Stato che cerca di imporgli un’identità egemonica.
Tutti i paesi sono afflitti da stereotipi, ma nessuno ne è vittima quanto l’Iran. Conseguenza della storia, forse, oltre che della rivoluzione islamica. La Persia era l’Altro fin dall’antichità classica, il Nemico, tutti conosciamo le guerre persiane contro le libere città greche. Ma verrebbe mai in mente a qualcuno di imputare a qualche nazione europea strategie ereditate dall’impero romano? Eppure, incredibilmente, questo accade per l’Iran: «La strategia geopolitica degli ayatollah è presa direttamente dai testi dei primi tre imperi persiani» ha accusato recentemente l’ammiraglio americano James Stavridis, ex comandante della Nato. Si sperava che l’accordo sul programma nucleare, allontanando lo spettro della Bomba, cambiasse finalmente la narrazione. Ma ancora questo non è avvenuto. Di passaggio da Roma l’ambasciatore Soltanieh, che era il capo della delegazione iraniana ai negoziati, ha lanciato un accorato appello, perché i pregiudizi possono ancora far fallire l’applicazione dell’accordo.
Oggi lo Zeitgeist che prevale nella Repubblica Islamica è il pragmatismo. Le rigide prescrizioni morali del regime, il blocco dei siti internet, gli occhi che ti spiano, i muri che ti ascoltano, sono certo cose che infastidiscono, o peggio, gli iraniani. Ma tutti trovano il modo di arrangiarsi. Scaricano vpn per superare i filtri messi dalle autorità (come deve aver fatto il giovane con la divisa dei pasdaran che in una foto gioca in autobus col telefonino); oppure cercano un posto isolato per scambiarsi delle tenerezze (vedi la coppia in montagna). Ovviamente le prescrizioni del regime non possono essere totalmente disattese. Ma sono interpretabili; e lo spazio lasciato all’interpretazione è ampio (sebbene di quando in quando venga improvvisamente ristretto da qualche gruppo di facinorosi). Quanti centimetri di capelli possono fuoriuscire dal foulard? Dieci è la regola, venti è già osé, una provocazione è quando lo si porta quasi calato sulle spalle come fanno alcune ragazze. Lo stesso vale per il trucco, lo smalto da unghie, il colore del foulard (più è vivace più è ribelle). Pantaloni oppure leggings (i primi permessi, i secondi vietati)? Tutto in Iran è un segno, che vuol essere letto. Ogni dettaglio svela chi sei (guardare la foto delle cinque donne nel metrò, una al centro legge un quotidiano, solo quella anziana ha tutti i capelli nascosti dal foulard). È in effetti uno dei tanti paradossi della Repubblica Islamica che in un paese dai rigidi codici religiosi e morali ci si occupi molto di più e molto più in dettaglio che altrove delle apparenze esteriori. Quando si atterra a Teheran all’improvviso è tutto un brusio di borse che si aprono, di foulard che vengono tirati fuori, di movimenti paralleli e occhiate nervose come in un film di Lubitsch. All’uscita dall’aereo le donne che all’entrata avevano tutte i capelli al vento hanno la testa coperta – più o meno, certo nessuna è avvolta in quella “tenda” che secondo i conservatori sarebbe prescritta dal Corano.
Tradizione e modernità s’incrociano, si scontrano, convivono, e guardando queste foto ci si accorge che queste due facce dell’Iran sono molto più inclusive di quanto noi non c’immaginiamo. Il pasdar gioca col telefonino. Un altro pasdar esamina un manifesto elettorale di quattro candidati tra cui una donna. Un mullah col turbante bianco passa davanti a una reclame di eleganti completi da uomo di tipo occidentale. Quattro mullah a un tavolo si sono scolati quattro birre (analcoliche). Momenti di quotidianità, documentati su Instagram, una specie di self help per vivere.