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 2016  maggio 29 Domenica calendario

Dodicimila sbarcati e novecento morti in sette giorni. I numeri dei migranti fanno paura

Sono numeri che fanno paura. I vivi e i morti. Dodicimila sbarcati in una settimana, novecento vittime. Fra le ultime ci sarebbero 400 persone morte giovedì.
Particolarmente drammatico le modalità del loro naufragio: due pescherecci con 500 persone a bordo ognuno, partiti da Sabratha, in Libia. Uno traina l’altro. Dopo poche miglia, il secondo comincia a imbarcare acqua: i migranti che sono a bordo si accalcano per tentare di salvarsi. A decine si buttano in acqua cercando di raggiungere l’altra barca, qualcuno tenta di “scalare” la cima che unisce le due imbarcazioni. Ma non hanno speranze: gli scafisti che conducono la prima barca tagliano la fune che collega i due barconi, abbandonando così il secondo al suo destino: la fune fa un effetto frusta e decapita una donna sulla prima barca, la seconda cola a picco in pochi minuti con tutti i suoi occupanti.
I sopravvissuti, una ventina in tutto, vengono recuperati dalle navi inviate in soccorso. Alcuni, insieme al cadavere della donna, finiscono a Porto Empedocle: gli altri a bordo della nave Argo arrivano a Pozzallo. Già in navigazione ricostruiscono le fasi del naufragio, poi confermate dagli occupanti di un altro gommone agli operatori di Save the children. Nel gruppo di quelli recuperati c’è lo scafista, sudanese, già arrestato. «Tutte le vittime che stiamo raccogliendo sono la prova di quanto l’Europa sia ancora indietro nel rapporto con i paesi dell’Africa», dice il ministro dell’Interno Angelino Alfano. Alle sue parole hanno fatto eco quelle del presidente Sergio Mattarella da Sarajevo: i fenomeni migratori sono «internazionali e richiedono collaborazione e crescente integrazione». Del resto, i numeri di questi giorni dimostrano che è una vera e propria marea umana quella che parte dalla Libia e dall’Egitto: fra i 12mila sbarcati negli ultimi sette giorni ci sono moltissime donne e bambini, tanti neonati come la piccola Favour, la bimba nigeriana di nove mesi che ha commosso l’Italia. Un’altra bimba di sei mesi è stata salvata ieri da una sorta di staffetta del mare: la Guardia costiera di Pantelleria ha portato a tempo record a bordo della nave che l’aveva soccorsa il latte necessario per sfamarla. Non mangiava da giorni.
Storie come questa in questi giorni vedono protagonisti migliaia di volontari, forze dell’ordine, medici, assistenti sociali. Tutti messi a dura prova: a Trapani, Pozzallo, Catania, Messina, Augusta, Porto Empedocle, Palermo, ma anche a Cagliari, Porto Torres, Salerno, Vibo Valentia, Taranto e Reggio Calabria, dove stamattina arriveranno i 135 superstiti e i 45 morti dell’ultimo naufragio del Canale di Sicilia: quasi tutte donne, ma anche tre neonati. «È stato un naufragio drammatico, quel barcone è affondato davanti ai nostri occhi», dice Ruggero Martina, comandante del pattugliatore Vega.
Un’emergenza annunciata, quella di questi giorni: i centri di accoglienza sono intasati, gli hotspot fanno fatica ad identificare, fotografare e prendere le impronte di chi arriva. Semplicemente, non c’è spazio e non c’è tempo.