Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  maggio 28 Sabato calendario

La nuova vita del carabiniere Giangrande

«All’inizio ero perplessa. Temevo che venisse fuori un romanzo, una storia virtuale. E invece no, siamo proprio noi, qui c’è la mia famiglia».
Chi parla è Martina Giangrande, 26 anni, e «qui» sta a indicare il libro che racconta la vita sua e di suo padre, Giuseppe Giangrande. Il Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, sala simbolo di Firenze dove sta per iniziare la presentazione (una vera cerimonia) del volume – Il prezzo della fedeltà. Storia di Giuseppe Giangrande scritto da Roberto Riccardi —, è strapiena. Uomini in divisa, politici, sindaci, ministri, magistrati, cardinali. Sono lì per Giuseppe e Martina. Giuseppe è il maresciallo dei carabinieri ferito davanti a Palazzo Chigi il 28 aprile del 2013 da Luigi Preiti e oggi costretto a «una nuova vita» (come dice lui) su una sedia a rotelle. Martina è la figlia devota, che poco dopo aver perso la mamma, si è trovata ad accudire quel babbo costretto all’immobilità e non lo ha mai lasciato solo, dimenticando amici, discoteche e un lavoro sicuro dopo anni di precariato.
«La mia vita dai 18 anni in poi è stata un disastro – racconta – ma l’esistenza va affrontata per quello che è con coraggio e determinazione. Adesso la mia battaglia è quella di regalare a babbo un po’ di libertà. Sta migliorando, voglio che faccia ancora progressi. Ce la può fare: è forte e ha un gran cuore». Lui, il maresciallo-eroe, la guarda e sorride. Nell’ultimo capitolo del libro le ha lasciato una sorpresa, a quella figlia speciale, una lettera («Sei il mio angelo custode…») e lei l’ha saputo solo dopo la pubblicazio ne. E quando gli chiedono che messaggio si sente di dare ai giovani lui ha già un modello di riferimento: «Fate come Martina, non mollate mai. Anch’io non mollo e sto cercando di recuperare in parte la funzionalità degli arti superiori. Ci vuole un amore immenso per la vita, qualunque cosa vi riservi il destino».
Già il destino. «Che mi ha aperto le porte a un’altra vita – continua Giuseppe —. Dove si lotta e si va avanti, si migliora, si ride e si piange, si affronta il dolore e la tristezza, si cercano briciole di felicità, si ama e si ringrazia chi ti è vicino».
Preiti, l’uomo che quel giorno gli ha sparato, non l’ha perdonato il maresciallo Giangrande. «Assolutamente no», dice anche ieri. Ma poi subito s’illumina tornando a parlare del libro. «È bellissimo non perché parla di me – spiega – ma perché rappresenta il sacrificio che ogni carabiniere compie durante il suo servizio nell’Arma».
Il libro l’ha scritto un altro carabiniere, il colonnello Roberto Riccardi, una biografia che è anche l’essenza dell’appartenere all’Arma. «Tutti i mercoledì veniva a casa nostra e noi raccontavamo quest’altra vita» ricorda Martina.
A parlare di quel libro e di Giangrande a Palazzo Vecchio ci sono il comandante generale dei carabinieri Tullio Del Sette (che ha curato la prefazione del volume), il direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana (che, durante la presentazione, ricorda anche il sacrificio degli altri colleghi carabinieri di Giangrande che, seppure feriti, decidono di non sparare per difendersi se c’è il rischio di colpire innocenti ), Gianni Letta, il ministro della Difesa Roberta Pinotti, il sottosegretario alla Presidenza del consiglio Luca Lotti, il cardinale Giuseppe Betori, il sindaco di Firenze Dario Nardella e Martina Giangrande.
«Io non sono venuta qui per sindaci o politici – dice il ministro Pinotti – ma per onorare una vita, quella di Giuseppe, che è l’essenza dell’essere carabiniere. E per salutare Martina, un esempio per i giovani».