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 2016  maggio 29 Domenica calendario

La sintonia che manca tra Stato e società

Quale futuro ci aspetta? O, meglio, quali possibili futuri gli italiani stanno preparando? Ecco una domanda alla quale non abbiamo una risposta. Per chi governa, le cose urgenti prendono la mano a quelle importanti. I pochi centri di ricerca, i think tank, inseguono affannosamente i problemi di oggi. Il Paese è impegnato in uno sforzo – pur necessario – per superare un bicameralismo che già i migliori costituenti non apprezzavano, settanta anni fa. Manca, quindi, chi guardi lontano, con la lungimiranza e l’ingenuità del visionario e la concretezza dell’ingegnere sociale, con l’attenzione ai problemi di fondo del filosofo sociale e con l’interesse per la strumentazione del ragioniere, con la preoccupazione per le generazioni future e la certezza che questo sia un compito che va svolto ora.
È dunque un bene che uno studioso di scienze aziendali con lo sguardo lungo e un forte interesse sociale come Pellegrino Capaldo, che ha attraversato alcune delle più impegnative vicende della nostra finanza e conosce dall’interno quelle dell’industria, svolga in pubblico i suoi Pensieri sull’Italia (Salerno), partendo dalla politica, pur non essendo un politico di professione, passando all’economia, e poi al benessere sociale, per arrivare alle pubbliche amministrazioni, ma sempre con un’idea al centro, quella di ristabilire una sintonia tra società e Stato.
L’affresco disegnato da Capaldo è ampio e difficile da riassumere in poche righe. Comincia dalla preoccupazione di riaccostare i cittadini alla politica. A questo scopo, Capaldo propone un originale sistema di credito d’imposta a chi dà contributi ai partiti, chiamando quindi i cittadini a essere sovventori, e si pronuncia a favore di un sistema elettorale proporzionale con sbarramento, alla tedesca.
Passa a illustrare i modi per crescere di più, mettendo al centro dello sviluppo l’impresa, anche qui con proposte concrete, quella di sgravare le imprese di alcuni compiti, da affidare al welfare; quella di non tassare il reddito di impresa, colpendolo fiscalmente quando diventa reddito del destinatario (l’azionista, ad esempio); quella, infine, di prevedere una parziale garanzia statale per il finanziamento del credito a lungo termine. Così l’impresa può ridiventare motore di sviluppo.
Il terzo capitolo è dedicato al riordino del welfare, che Capaldo propone di mettere nelle mani dei cittadini che ne usufruiscono, quindi «de-statizzando», lasciando spazio all’iniziativa privata, con lo Stato garante e, se necessario, sovventore. La sanità sarebbe così assicurata sulla base di una assicurazione obbligatoria per tutti dalla nascita, pagata dai cittadini, con il contributo dello Stato per gli indigenti e la libertà di rivolgersi a strutture sanitarie scelte dall’utente. Per la scuola, un sistema comparabile, con la scuola pubblica e un contributo a chi non la frequenti, un contributo pari o inferiore al risparmio che lo Stato così realizza. Infine, per la pubblica amministrazione, Capaldo è scettico sui risultati della spending review, mentre propone una verifica generale e periodica di buon funzionamento e stimoli per i funzionari, basati sulla carriera.
Il disegno complessivo è ispirato alla solidarietà e mira a un grande progetto che unisca, diventando fattore di coesione. Lo Stato educa, favorisce (specialmente attraverso lo strumento fiscale), incoraggia, suggerisce. La società si auto-organizza, partecipando alla vita politica. Insomma, la bilancia si sposta a favore della società, ma richiede anche uno Stato sollecito, capace, efficiente.
Più di venti anni fa, due autori anglosassoni unirono le loro forze scrivendo un libro intitolato Reinventing Government. How the Entrepreneurial Spirit is Transforming the Public Sector. David Osborn e Ted Gaebler, gli autori di quel libro, che divenne subito popolarissimo in tutto il mondo, pensavano a strutture pubbliche che costassero meno e lavorassero meglio. Quel libro ha aperto la strada a importanti riflessioni nonché a politiche pubbliche volte a dare maggiore efficienza allo Stato e più forte coesione alla società. Con questo libro Capaldo si unisce al coro dei «riformatori-sognatori», di quelli che pensano che occorra oggi «reinventare» le nostre società e gli apparati pubblici che le governano.