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 2016  maggio 29 Domenica calendario

La morte secondo Massimo Vignelli, il designer che ha progettato fino all’ultimo dettaglio i suoi funerali

Si dice che si muoia come si è vissuti. Massimo Vignelli nell’uno e nell’altro caso ha scelto di farlo con stile. E così il designer milanese che dagli anni 60 ha portato il modernismo europeo a New York, ha progettato fino all’ultimo dettaglio il suo funerale. «Gli faceva piacere sapere che le sue esequie sarebbero state il suo ultimo regalo agli amici», dice Beatriz Cifuentes-Caballero che ha collaborato per 15 anni con lui ed è stata vicepresidente per il design del suo studio.
I funerali di Vignelli, che è morto a 83 anni ed è noto tra l’altro per aver disegnato nel 1972 la mappa della metropolitana di New York che ha fatto la storia del design ed oggi è conservata al Moma, sono stati celebrati il 23 luglio del 2014, ma solo adesso il sito Quartz ne ha svelato i dettagli.
«La prima cosa che gli è stata chiara è che sarebbe stato seppellito nella chiesa di Saint Peter, a Manhattan – conferma Cifuentes-Caballero —. Massimo e la moglie Lella negli anni 70 ne avevano progettato gli interni, gli arredi, gli oggetti liturgici e la grafica, e sapevano che sarebbe stato il luogo del loro ultimo riposo. Ogni volta che passava di fronte alla chiesa diceva con la sua tipica allegria che ci avrebbe fatto un sonnellino per l’eternità».
Vignelli aveva un’idea molto precisa di come doveva essere il suo ultimo addio: «Un evento grandioso ma austero in cui i suoi amici potessero ritrovarsi e celebrare la sua vita e la sua carriera straordinaria – dice Cifuentes-Caballero —. Quando lavoravamo nel suo ufficio e passava un pezzo di Bach, improvvisamente esclamava con gioia: “Voglio che venga suonato al mio funerale!”. E io con discrezione prendevo un appunto». Sua anche l’urna squadrata, simile a quella disegnata per la madre anni prima; la disposizione delle panche nella chiesa per il rito con le sue ceneri al centro e i partecipanti intorno «tutti vestiti in nero, ovviamente»; la lista di massima degli ospiti. «Diceva spesso che gli sarebbe molto piaciuto esserci per vederlo», aggiunge la sua collaboratrice.
Uno dei marchi di Vignelli era l’uso del carattere Helvetica, che aveva impiegato per ridisegnare la segnaletica dei trasporti di New York. Un problema, quando si è trattato di pensare alla grafica per il funerale: «Massimo aveva scelto per le scritte di Saint Peter, l’Optima, che con la sua eleganza era più adatto a una chiesa» e così quando progettava il columbarium si è trovato di fronte a un «dilemma tipografico— aggiunge Cifuentes-Caballero —. Alla fine era pronto a vivere per l’eternità con l’Optima invece che con il suo amato Helvetica pur di mantenere l’integrità del progetto grafico della chiesa».
È lì che sono intervenuti i suoi più stretti collaboratori: la stessa Cifuentes-Caballero e Yoshiki Waterhouse, che hanno progettato un’altra urna, da usare dopo il funerale, più piccola perché corrispondesse alle regole locali per la tumulazione: «Ci abbiamo messo una placca con un’iscrizione in una versione di Helvetica che abbiamo concepito apposta». Possiamo immaginare che Vignelli ne sarebbe stato soddisfatto: «Per lui vita e lavoro erano indistinguibili: “Design is One”, diceva sempre». Lo è stata anche la morte.