Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  maggio 30 Lunedì calendario

Il ciclismo italiano è grigio nonostante il Rosa di Nibali

Dietro il rosa di Vincenzo Nibali, celebrato ieri in un bagno di folla sabaudo, il Giro fotografa un ciclismo italiano virato al grigio-nero, capace purtroppo della peggior prestazione collettiva degli ultimi anni. Nei primi quindici della classifica generale, oltre allo Squalo, solo il volenteroso 33enne Visconti, d’inerzia dietro a capitan Valverde.
La penuria di uomini da corse a tappe è nota, il Giro ha represso anche le residue ambizioni di Pozzovivo, affondato a un’ora dal vincitore. Prima il lucano frenava in discesa e a cronometro, adesso anche in salita. Più decoroso il fronte passisti. Diego Ulissi ha vinto due tappe: bene, bravo ma ora deve passare gli esami Tour e classiche, dov’è a quota zero. I passisti migliori (Trentin, Brambilla), usati dagli squadroni stranieri come attendenti di campo dei capitani, vengono liberati solo quando i Kittel o gli Jungels tornano a casa o escono dalla classifica generale.
Da due (ex) giovani promesse azzurre si aspettava un segnale di vita: Moser ha provato confusamente a fare qualcosa (perdendo un po’ da pollo la tappa di Pinerolo), Formolo è stato invisibile. Entrambi annaspano in una Cannondale con obiettivi e criteri di allenamento confusi. A parlare di velocisti si rischia la depressione. Zero centri su sette occasioni, anche quando i big (Kittel, Greipel) avevano lasciato la corsa per andare in vacanza. Le sconfitte di Cassano d’Adda (Kluge) e Torino (Arndt, chi è costui?) sono arrivate dopo autentici disastri tattici. Impensabile avere sprinter competitivi con un settore velocità su pista soffocato da un decennio d’inerzia federale.
Al Giro, grazie a generose wild card, c’erano ben tre squadre italiane di seconda fascia. Per loro un solo centro: il volitivo Ciccone ad Asolo. Ma nella classifica a squadre Bardiani, Nippo e Wilier occupano gli ultimissimi posti con cinque ore di ritardo non dalla testa ma dal centro del gruppo. Molti loro corridori si sono salvati dal «fuori tempo massimo» solo per il provvidenziale innalzamento deciso dagli organizzatori che hanno evitato una decimazione in montagna.
Forse è ora di cambiare criteri di reclutamento, invitando al Giro chi davvero se lo merita, senza protezionismi geografici. Nei primi quindici della classifica generale sono rappresentate dodici nazioni: il ciclismo ha spessore mondiale, essere italiano non può essere più il solo requisito di convocazione.