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 2016  maggio 30 Lunedì calendario

Nello Stato Islamico se ti dimentichi di mettere i calzini paghi 30 euro di multa, se ti tagli la barba 100 e se bevi alcolici 50 (più 50 frustate). Tutte le tasse del Califfato

Se le donne non si coprono per bene gli occhi dietro tripli veli: 10 dollari di multa. Se portano un’abaya troppo «aderente»: 25 dollari. Se tralasciano di indossare i calzini o i guanti: 30 dollari. Per gli uomini che si radono: 100 dollari di multa. Per quelli che si accorciano la barba: 50 dollari. E per chiunque non sappia rispondere ai quesiti sul Corano o la legge islamica posti a sorpresa dalla Hisba, i «vigili» del Califfato: 20 dollari.
Grazie alle offensive anti-Isis e ai bombardamenti in Siria e in Iraq, tra dicembre e marzo il Califfato ha perso il 22% del territorio che controllava. Questo non significa che non possa sferrare nuove offensive come dimostra la recente avanzata a nord di Aleppo.
Ma meno territorio significa anche meno abitanti da tassare (sono passati da 9 a circa 6 milioni), mentre i bombardamenti hanno danneggiato la principale fonte di introito: il petrolio. Così negli ultimi sei mesi i miliziani sono stati costretti a inventarsi modi nuovi per riempire le casse, come aumentare le imposte e le multe, ma anche introdurne di nuove – per esempio per chi si spunta la barba, lascia la porta di casa aperta, installa/ripara antenne satellitari —. Le tasse costituiscono oggi la metà circa del budget di 56 milioni di dollari al mese dell’Isis (l’estate scorsa erano 80 milioni), secondo un rapporto della società di consulenza e analisi di Difesa IHS Inc. I loro dati sono raccolti attraverso interviste, social media, documenti dell’Isis e del governo iracheno.
Le tasse riguardano ormai ogni aspetto della vita della popolazione e vengono stabilite dall’alto, anche se i governatori locali hanno una certa discrezionalità. Sono suddivise in cinque categorie: comportamenti sociali, istruzione, agricoltura, controllo dell’ordine pubblico, servizi.
Oggi i camion devono pagare tra i 600 e i 700 dollari ai posti di blocco dell’Isis, il doppio rispetto alla scorsa estate. Oltre alle tasse sui non musulmani, lo Stato Islamico richiede anche che i musulmani non sunniti, gli ex membri delle forze di polizia e gli ex funzionari dei governi siriano e iracheno comprino un certificato di «pentimento»: prima si pagava una volta l’anno, adesso ogni mese. «Le imposte sociali sono quelle riscosse con più forza», spiega Ludovico Carlino, ricercatore di IHS. Le donne sono particolarmente colpite dai vincoli sull’abbigliamento, ma gli uomini sono multati il doppio se trovati in possesso di un pacchetto di sigarette (46 dollari) mentre tutti devono sborsare 50 dollari e subire 50 frustate se sorpresi a bere alcolici. «A febbraio e marzo abbiamo visto la polizia della moralità diventare più dura e più rigida con la popolazione – osserva Carlino – ma abbiamo anche notato un fenomeno interessante: lo Stato Islamico ora accetta versamenti in denaro al posto delle punizioni fisiche, un altro segnale delle loro difficoltà economiche».
Le casse meno piene significano però anche maggiori rischi per i civili. Negli ultimi giorni, alcuni miliziani hanno diffuso per la prima volta sui social network foto di schiave yazide in vendita per 8.000 dollari: acquistate online da miliziani sempre più squattrinati, con meno cibo e medicine, e il pericolo delle bombe. Anche la tassa per poter lasciare città come Raqqa e Fallujah – verso le quali marcia in questi giorni l’offensiva anti-Isis – sono sempre più alte: 800 e 1.000 dollari rispettivamente.