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 2016  maggio 26 Giovedì calendario

Il debito greco sarà tagliato, ma non subito

I creditori della Grecia hanno raggiunto nella notte tra martedì e mercoledì qui a Bruxelles un accordo per concedere nuovi aiuti finanziari al paese mediterraneo e per alleggerire progressivamente l’elevato debito pubblico greco. Su questo secondo fronte, restano dubbi sulla posizione del Fondo monetario internazionale che per ora ha dato solo un benestare di massima. Al netto delle reazioni degli uni e degli altri, il compromesso, se confermato, è un successo della Germania.
In buona sostanza, i creditori hanno deciso di versare ad Atene nuovi aiuti per 10,3 miliardi di euro, nel quadro di un terzo piano di aggiustamento iniziato nell’agosto 2015. La prima tranche di 7,5 miliardi è prevista in giugno. La seconda di 2,8 miliardi sarà versata dopo l’estate. Dipenderà da una serie di condizioni, tra le quali progressi sul fronte del nuovo Fondo per gli investimenti e le privatizzazioni, del governo delle banche, del settore energetico e dell’agenzia delle entrate fiscali.
Il nodo del debito è stato quello più delicato. Tutti i creditori sono consapevoli della necessità di aiutare la Grecia su questo versante, secondo un impegno del 2012. L’Fmi è giunto alle trattative con richieste di alleggerimenti radicali, rifiutate da molti paesi europei. È stata quindi trovata una bozza di compromesso. L’Fmi ha ottenuto misure per rendere il debito più sostenibile (oggi al 180% del Pil), ma non da subito: solo dopo il 2018, alla fine del programma di aggiustamento.
Il pacchetto prevede misure di breve, di medio e di lungo termine (si veda l’articolo a fianco). Solo le prime avverranno da subito, prima del 2018. È stata la Germania a sostenere questa linea. Il governo federale non ha voluto concedere un alleggerimento significativo prima del 2018, sia per tenere Atene sulla corda, sia per scavalcare le elezioni federali del 2017. Il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble non voleva tornare a Berlino da Bruxelles con un impegno troppo impopolare.
Nel comunicato di martedì notte, l’Eurogruppo dice di «accogliere con favore l’intenzione della dirigenza del Fondo di raccomandare al proprio consiglio di amministrazione l’approvazione dell’accordo finanziario entro la fine del 2016», sulla base di una nuova analisi sulla sostenibilità del debito. Da Washington, un funzionario del Fondo ha aggiunto ieri pomeriggio: «Abbiamo bisogno di sapere che le misure su cui si è impegnata l’Europa sono sufficienti per ridurre il debito».
Nella sostanza, il Fondo ha dato nella notte di martedì un benestare condizionato all’accordo con gli europei, in attesa di capire come potrà evolvere il debito pubblico greco con le scelte emerse dal compromesso e se il passivo si rivelerà sufficientemente sostenibile per garantire la partecipazione dell’Fmi al programma di aggiustamento. La cautela della dirigenza del Fondo è legata al fatto che molti paesi emergenti sono preoccupati dall’esposizione dell’Fmi nei confronti della Grecia.
Interpellato dalla stampa, che gli ha chiesto se per caso martedì notte l’Fmi avesse «acquistato un gatto in un sacco», una espressione tedesca per descrivere un possibile imbroglio, Schäuble ha risposto: «Non sono un venditore di gatti, tanto meno un venditore di gatti nel sacco». L’intesa con il Fondo è necessaria anche per garantire la partecipazione dell’Fmi al salvataggio greco, una condizione sine qua non di molti paesi – tra cui la Germania – per continuare a versare prestiti alla Grecia.
Al dil à di questi dubbi, è la seconda volta in pochi anni che la Grecia ottiene un alleggerimento del debito. Nel 2012, ad essere colpiti con una riduzione del valore nominale erano stati gli investitori privati. L’accordo è «un segnale importante per la Grecia e in generale per la stabilità finanziaria», ha commentato il ministro dell’Economia italiano Pier Carlo Padoan. Dal canto suo, Schäuble ha voluto precisare che non vi è bisogno di un benestare del Bundestag che approvi le decisioni prese dall’Eurogruppo.
Contrastate le analisi del mercato. Tullia Bucco, economista di UniCredit, ha fatto notare che «la maggioranza delle misure saranno concesse solo alla fine del programma di aggiustamento nel 2018» e che «le misure di lungo-termine sono vaghe». Mentre François Cabau, analista di Barclays, ha scritto di temere che nuove divergenze di opinione tra i creditori riaffioreranno quando, entro fine anno, i creditori faranno una nuova analisi della sostenibilità del debito greco, sulla base delle misure promesse.

Beda Romano

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L’accordo di Bruxelles sul programma della Grecia potrebbe aprire la porta a una decisione da parte della Banca centrale europea, forse già giovedì prossimo al consiglio di Vienna, di accettare nuovamente i titoli del debito greco come collaterale per le normali operazioni di finanziamento delle banche. Questo consentirebbe agli istituti greci di ridurre la dipendenza dalla liquidità di emergenza, più cara, fornita attraverso lo sportello Ela e quindi abbassare i propri costi di finanziamento e avviarsi a un ritorno verso la normalità. La Bce, che normalmente accetta solo titoli “investment grade”, aveva fino al febbraio 2015 concesso un’esenzione alla Grecia, poi revocata dopo la rottura delle trattative con i creditori sul programma, seguita all’insediamento del Governo Tsipras. La Bce ha sempre detto che avrebbe preso una decisione autonoma rispetto al negoziato europeo, ma è probabile che ora applichi nuovamente l’esenzione. Potrebbe essere più lontano invece l’inizio di acquisti di debito greco da parte della Bce in base al Qe, dato che l’istituto di Francoforte ha ancora in portafoglio titoli greci comprati negli anni passati e non intenderebbe superare i limiti che si è autoimposto sui singoli emittenti.
Intanto, Angela Merkel ha potuto imbarcarsi ieri pomeriggio sul suo volo per il vertice del G-7 in Giappone sollevata di un grosso peso. Il cancelliere tedesco può ringraziare la cocciutaggine del suo ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, che ha condotto il negoziato sul debito della Grecia con una priorità assoluta: evitare al Governo di doversi ripresentare in Parlamento prima delle elezioni del 2017 per un voto su nuove misure a favore di Atene, una delle cause più impopolari presso l’opinione pubblica tedesca. E dalla trattativa europea è uscita la decisione di rimandare tutto al 2018, e solo «se necessario».
«La Germania può essere considerate il vincitore del negoziato – afferma in una nota Tullia Bucco, economista di Unicredit – dato che ogni decisione importante sull’alleggerimento del debito greco sarà presa solo dopo le elezioni politiche, mentre il Fondo monetario si è impegnato a partecipare già entro la fine del 2016».
La delegazione tedesca si era presentata a Bruxelles con due obiettivi apparentemente inconciliabili: il coinvolgimento dell’Fmi, che finora aveva rifiutato, nel terzo programma di Atene varato dagli europei lo scorso anno, e lo stop alla ristrutturazione del debito, che l’istituto di Washington aveva invece posto come condizione irrinunciabile per partecipare con un proprio finanziamento. La presenza dell’Fmi serve a Berlino soprattutto come garanzia nei confronti del Bundestag, dove la maggioranza si è mostrata progressivamente più ribelle su nuovi interventi a favore della Grecia. Il Governo aveva bisogno di evitare modifiche troppo evidenti a quanto concordato nel luglio 2015, per non doversi ripresentare alle forche caudine parlamentari. E non provocare, con prevedibili conseguenze negative sul voto del 2017, una nuova traumatica lacerazione nella coalizione, dopo quella già prodotta dalla vicenda dei rifugiati.
Schaeuble non si è limitato a portare a casa il risultato: ha nei fatti condotto lui la trattativa vera, che per una volta non aveva come controparte il Governo greco, ma il Fondo monetario. Tutte le decisioni sono state concordate in conciliaboli a tre fra lo stesso ministro tedesco, il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, allineato sulle posizioni della Germania anche per analoghi interessi elettorali, e il direttore del dipartimento europeo dell’Fmi, e veterano della crisi greca, Poul Thomsen.
È stato quest’ultimo a cedere su tutta linea: non solo la ristrutturazione del debito greco, che, sulla base della propria analisi di sostenibilità, l’Fmi riteneva indispensabile subito, è stata rinviata al 2018, ma l’impegno non è assoluto, ed è invece legato a eventuale necessità e con il riconoscimento di quanto Schaeuble ripeteva da settimane, e cioè che è inutile e impossibile fare previsioni adesso su quel che accadrà nel 2018, alla fine del terzo programma di salvataggio.
Il Fondo monetario ha quindi di fatto accettato di partecipare anche se la principale condizione che aveva posto è stata messa da parte, con l’unica apparente scappatoia dell’approvazione da parte del proprio consiglio nei prossimi mesi, dopo una nuova analisi di sostenibilità del debito. Ma il consiglio è dominato dagli europei e dagli Usa, che in questo momento di incertezza economica e geopolitica non vogliono aprire un fronte con l’Europa.
È l’ennesima occasione in cui Schaeuble è riuscito a far accantonare quanto era già stato concordato nel negoziato europeo: la ristrutturazione del debito greco è stata promessa una prima volta a novembre 2012, poi di nuovo nel luglio 2015, e ora viene riproposta nel 2016, ma con un assegno postdatato al 2018.
Alessandro Merli