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 2016  maggio 25 Mercoledì calendario

Quel che resta della Concordia

 
I mozziconi che vedete nelle foto sono rimpianti, lacerti di un mito che sta nascendo mentre la Concordia muore. Hanno il fascino dello smantellamento, che è l’industria degli accattoni. Si celebra infatti la ruggine, si indovina il tanfo del benzene, i residui d’olio esausto del mostro in fermentazione che è già un mostriciattolo. Da un anno qui la rottamazione non è più metafora: c’è la voracità dei ferrivecchi, delle mosche del carcame, dei divoratori di carcasse. L’occhio si ferma su un ventre squarciato, poi si sposta sul troncone di un ponte, il fotografo è stato così bravo che sembra di sentire il cigolare e lo scricchiolare, persino lo sbattere dell’acciaio sul legno. E la musica di sottofondo è sempre la stessa: è il dialogo tra i comandanti Gregorio De Falco e Francesco Schettino, quel “torni a bordo, cazzo” più identitario di Fratelli d’Italia e di Volare. Si sa che la stessa Italia che subito condannò il fellone alla fucilazione alla schiena lo ha poi onorato divorando i suoi memoriali e inseguendo il gossip sui suoi amori come fosse un divo della tv, addirittura ospitandolo all’università di Roma. Davvero per ogni pezzo di nave che si dissolve la memoria ci restituisce la miseria e lo splendore della grande casa sull’acqua con i fumi dei suoi camini, il superlusso galleggiante della fun-ship, la modernità alberghiera. Più la Concordia scompare e più bella e affascinante ricompare. Più grande è l’orgoglio di averla avuta, più straziante è la vergogna di averla perduta in quel modo, umiliando la nostra secolare e gloriosa Storia Navale. Siamo sicuri che non ci sarà italiano per bene che, guardando queste foto, non soffrirà per la meraviglia galleggiante che si autoaffondò in una pozza a pochi metri dalla riva dell’isola del Giglio uccidendo trentadue persone.
Ma solo quando sarà completamente sparita, la Concordia diventerà davvero una leggenda, come il Titanic, come l’Andrea Doria, come l’Invincibile Armada, la flotta spagnola che partì per conquistare l’Inghilterra e fu invece travolta dalla tempesta e dall’astuzia di Elisabetta. Proprio perché l’acqua la sommerse per sempre, la memoria la conserva in superficie, più Invincibile e dunque più vinta che mai. Perciò avremmo dovuto conservare la nave della vergogna come una rovina galleggiante. Trasformata in una installazione d’arte e musealizzata, sarebbe stata a poco a poco dimenticata, digerita, come il terremoto del Belice cristallizzato nel Cretto di Burri o, se volete, come l’autostrada Salerno Reggio Calabria, che è una vergogna rimossa proprio perché è tenuta in vita.
E magari avremmo dovuto affidare la Concordia agli artisti coniugi Christo e Jeanne-Claude che impacchettano monumenti, cattedrali e pezzi di territorio come l’isola lacustre sul lago di Iseo dove proprio in questi giorni hanno terminato la loro ultima opera.
L’immaginario italiano del resto è pieno di assenze, dal Ponte di Messina alla rinascita di Bagnoli, su cui si accanisce solo la progettazione, dalla famosa Tav, fantasma da combattimento, alla metropolitana C di Roma, dal Mose di Venezia alla Concordia appunto, sino al sistema maggioritario benedetto dal referendum di Mario Segni: solo le chimere fanno volare e piangere l’Italia.