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 2016  maggio 25 Mercoledì calendario

L’europatto di Conte: una Nazionale feroce e affamata

Lo spirito della Juve, il #finoallafine motto-hashtag della casa reale sabauda: su questo farà leva Antonio Conte nel ritiro pre-Europeo. Il c.t. ha pronto il discorso che presto, se non lo ha già fatto in queste ore, rivolgerà ai pezzi grossi bianconeri in Nazionale, il quartetto Buffon, Barzagli, Bonucci e Chiellini, lo zoccolo duro dell’Italia. Sarà un appello ai valori juventini, alla ferocia agonistica, alla vittoria come unica cosa che conta. In particolare richiamerà l’anno zero 2011, la sua prima estate da allenatore a Vinovo, quando raccolse i cocci della Juve settima e fuori dall’Europa e in pochi mesi la riportò in cima al campionato contro ogni pronostico. Ha bisogno dei quattro saggi per spiegare agli altri azzurri cosa fu quella Juve per fame e cattiveria.
ANALOGIE L’attuale situazione dell’Italia non è molto diversa da quella della Signora nel luglio di cinque anni fa. Tira brutta aria attorno agli azzurri, accreditati di poche speranze per Francia 2016. «L’ingresso nei quarti sarebbe un successo», è il mantra che più gettonato lungo i vialetti del centro tecnico federale, ma Conte per mentalità non può accettare una resa onorevole, motivo per cui cercherà di rinfocolare lo juventinismo dei fantastici quattro e chiederà loro di diffondere il verbo in spogliatoio. «La difesa rappresenta la nostra certezza – ha detto Conte —, la garanzia da cui ripartire. Ho lavorato con loro per diverse stagioni e mi auguro che Buffon, Barzagli, Bonucci e Chiellini possano trasmettere la loro esperienza ai compagni. Spero che diano una spinta importante al gruppo e che ci permettano di bissare in Nazionale i successi della Juve». Sul piano tattico si va verso un sistema stabile, il 3-5-2 con cui a suo tempo Conte rifece grande la Juve. Un altro segnale di continuità tra Vinovo e Coverciano. Sul piano tecnico, senza Marchisio e Verratti, e senza Pirlo, e con un attacco tutto da decifrare, oggi l’Italia è una Nazionale fondata sulla difesa della Juve. Un film già visto tante volte in passato, per esempio ad Argentina 78 o a Spagna 82, ma ora più vivo che mai, perché in quelle occasioni qualche «infiltrato» c’era, mentre adesso negli ultimi sedici metri siamo ancorati al monoblocco juventino. Conscio dei limiti del gruppo, consapevole che i piedi buoni non abbondano, il c.t. vuole un’Italia che non dia respiro agli avversari, che li intimorisca con l’aggressività. Conte però sa che non si può vivere di sola cattiveria e si è concesso un’immagine poetica, da visionario: «Ai miei ragazzi chiederò di essere sognatori, di sognare qualcosa di bello e di possibile. La fortuna non è dalla nostra parte, ma spero che possa girare».
CHIAREZZA Per non alimentare false speranze il c.t. ha parlato chiaro: «Devo capire bene di quanto tempo necessitino Montolivo e Motta per rientrare in piena efficienza. Si devono rimettere in fretta. Non possiamo aspettare nessuno e loro lo sanno, ho bisogno di gente che lavori con intensità fin dal primo giorno». Conte vuole 23 «marines», 23 assaltatori al top della condizione, e con queste premesse la strada per Motta e Montolivo si fa tutta in salita. Nel complesso dice di avere le idee chiarissime: «Ho pochi dubbi, so già in linea di massima quali saranno i 23. I ballottaggi sono due, al massimo tre, e uno riguarda l’attacco, ma non è detto che sia Insigne a essere in lizza, lui può fare la seconda punta. Ho dovuto compiere scelte dolorose, ho escluso Acerbi e De Silvestri, che avrei voluto portare, e Soriano, che aveva passato tanto tempo con noi. Sul piano umano mi è dispiaciuto, ma oltre all’umanità devo valutare tecnica, tattica, condizioni fisiche, esperienza». Un po’ di psicologia: «Non sono preoccupato, non devo esserlo, perché la preoccupazione trasmette ansia e altri stati d’animo negativi. Voglio che la squadra lavori molto per non avere rimpianti». Un pensiero per Pirlo: «Ci siamo parlati, ho mandato osservatori in America per lui e Giovinco, e ho deciso di escluderlo. Se si sceglie di andare a giocare là, poi se ne possono pagare le conseguenze in termini calcistici (frase che negli Usa ha acceso un discreto dibattito via twitter e social vari, ndr). Finale su Izzo, azzurro dell’ultimo stage e indagato nell’ennesimo scandalo scommesse: «Non gli ho parlato. Sono situazioni particolari e mi fermo qua». Chiusura amara, di chi certe tempeste ha attraversato e superato.