Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  maggio 24 Martedì calendario

La campagna di Libero contro l’Inps e le morosità del Tempo. Un caso di conflitto d’interessi

Vittorio Feltri ha inaugurato l’ennesima direzione di Libero, dopo il brusco licenziamento di Maurizio Belpietro, con una serie di inchieste sull’Inps presieduto da Tito Boeri. Il quotidiano ha elencato “le magagne della previdenza sociale” e stigmatizzato la gestione del patrimonio per “gli appartamenti occupati abusivamente da gente che non paga la pigione”. In prima pagina, Feltri ha anche firmato una lettera indirizzata a Boeri. La risposta dell’economista, però, non è ancora apparsa sul giornale. Almeno fino all’ultimo numero di Libero, che ieri mattina titolava sul “tesoro che l’Inps non usa”.
Feltri chiede al professore della Bocconi di attivarsi per incassare 150 miliardi di euro di crediti e di rinunciare all’ufficio di palazzo Wedekind che s’affaccia su piazza Colonna, accanto alla sede del governo italiano. A proposito di crediti, l’Inps vanta tre milioni di euro per oltre tre anni di affitti non saldati dal Tempo per il terzo e il quarto piano di palazzo Wedekind: e qui entra il scena la Tosinvest, la finanziaria del gruppo Angelucci, proprietaria anche di Libero. Il giornale di Roma era dell’imprenditore Domenico Bonifaci, lo scorso dicembre il Tribunale fallimentare di Roma ha ammesso la procedura di concordato preventivo.
Il 13 maggio la Tosinvest ha ottenuto l’aggiudicazione condizionata del Tempo, utile agli Angelucci per essere presenti su una piazza vitale per i loro veri affari, la sanità privata.
Così l’istituto previdenziale ha rinviato lo sfratto per morosità al 10 giugno per un semplice motivo: la speranza di recuperare gli oltre 3 milioni di euro dal Tempo con l’avvento del nuovo editore, Angelucci per l’appunto, che finirà per ereditare la testata e parte dei debiti. Lo sfratto del giornale romano riguarda il contratto di locazione del 2013 (siglato dopo un altro contenzioso). L’ordinanza è stata emessa il 15 febbraio 2015, ma l’esecuzione è stata posticipata proprio per la procedura di cordato preventivo che si chiude giovedì.
Questa direzione di Feltri è iniziata con la polemica per l’inattesa destituzione di Belpietro, che ha salutato gli elettori con un manifesto del “No” contro la riforma costituzionale. Feltri ha spiegato che voterà “Sì” al referendum di ottobre, ma ha respinto le accuse di un opportunistico trasformismo di Angelucci, capostipite del gruppo Tosinvest, deputato di Forza Italia, amico di Denis Verdini, il regista del “partito della nazione” (tutti assieme con Renzi al vertice). Ora Libero esamina la gestione Boeri, nominato all’Inps da Renzi, ma poco gradito al presidente del Consiglio per le sue dichiarazioni su pensioni e mercato del lavoro.
Il Fatto Quotidiano, una settimana fa, ha raccontato quanto siano preziosi per Angelucci i buoni rapporti con il governo.
A settembre, il Dipartimento per l’editoria, guidato dal sottosegretario Luca Lotti, ha spalmato su dieci anni un debito di 15 milioni di euro per i contributi indebitamente incassati dalla Tosinvest. E lo stesso governo, nel dicembre 2014, dopo anni di vani tentativi, ha riammesso Libero fra i quotidiani che ricevono i fondi pubblici (3,5 milioni nel 2015).