Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  maggio 24 Martedì calendario

La Gomorra del pallone. Una nuova inchiesta su partite truccate in serie B

La Gomorra del pallone. Il clan della Nuova Vinella Grassi di Secondigliano, i cattivi ragazzi che meno di un mese fa hanno bersagliato a colpi di mitra la caserma dei carabinieri, avevano messo le mani sulle scommesse nel mondo del calcio. Nell’ultima inchiesta spunta anche il nome di un giocatore nel giro della Nazionale, il difensore ex Avellino oggi al Genoa, Armando Izzo. Si indaga su due partite del campionato di Serie B 2013-2014: Modena-Avellino 1-0 e Avellino Reggina 3-0. Nei confronti di Izzo, la Procura di Napoli ipotizza i reati di concorso esterno in associazione camorristica e frode sportiva ma non ha chiesto provvedimenti restrittivi. Sono agli arresti domiciliari invece l’ex capitano dell’Avellino, Francesco Millesi, e il gioielliere ed ex giocatore delle giovanili irpine Luca Pini, come Izzo indagati di concorso in associazione mafiosa e frode sportiva. Un singolo episodio di frode sportiva, relativo a Modena-Avellino, è contestato (senza richiesta di misura cautelare) a Maurizio Peccarisi, all’epoca all’Avellino. Le indagini sono condotte dai carabinieri del Nucleo investigativo diretti dal maggiore Alfonso Pannone coordinati dal pm Maurizio De Marco con il procuratore aggiunto Filippo Beatrice e il pm della Direzione nazionale Antimafia Maria Vittoria De Simone. «Il sistema calcio è malato, l’omertà è ancora fortissima», dice il procuratore Beatrice, che dieci anni fa indagò sullo scandalo Calciopoli.
AFFARE DA 400 MILA EURO
«Da Armando Izzo, insieme a Francesco Millesi e Luca Pini io e mio fratello acquistammo due partite dell’Avellino del campionato 2013-2014», racconta il pentito Antonio Accurso. Il fratello è Umberto Accurso, arrestato pochi giorni fa dopo tre anni di latitanza e ritenuto l’ispiratore dell’assalto a colpi di mitra contro la caserma dell’Arma. Su Modena- Avellino, il clan aveva scommesso 400 mila euro guadagnandone 60 mila. Stesso investimento, ma guadagno di addirittura 110 mila euro, per l’altra gara.
IL PATTO AL RISTORANTE
Racconta Accurso che, nella primavera del 2014, un affiliato al clan, Salvatore Russo detto Geremia, contattò suo fratello Umberto per dirgli che Pini «aveva detto che Millesi, uno dei giocatori più influenti dello spogliatoio dell’Avellino, voleva parlare con noi». Il pentito riferisce di tre incontri in ristorante. Quello decisivo si tenne il 14 maggio 2014, alla vigilia di Modena-Avellino: «C’eravamo io, mio fratello. Geremia, Pini e Millesiello, Geremia, Pini e Millesi. Quando iniziai un discorso chiaro, andando subito al sodo, Millesi mi disse chiaramente che Castaldo (attaccante dell’Avellino, non indagato n.d.r.) e altri giocatori avevano il suo stesso procuratore e facevano quello che lui diceva. Io gli dissi che noi avevamo Izzo che era disponibile». Millesi avrebbe replicato che, a quel punto, andava convinto il portiere, Seculin, non indagato, che non si presterà alla combine.
IL GOL DA SUBIRE IN CASA
Il clan aveva stanziato per pilotare la gara 200 mila euro. A Pini ne furono consegnati 150 mila, poi restituiti quando si prese atto della indisponibilità del portiere. Allora Accurso propose di far subire all’Avellino almeno un gol. «Millesi, che era già in ritiro, fece arrivare via sms la risposta a Pini che si poteva fare». Izzo non giocò perché infortunato. «Noi ci allarmammo – racconta il pentito – e mandammo una serie di sms a Millesi tramite Pini». Il capitano trovò la soluzione. «Mi raccontò – sostiene Accurso – che nell’intervallo aveva preso per il braccio Peccarisi, dicendogli che doveva far fare gol al Modena, promettendogli dei soldi». Il giorno dopo, il clan avrebbe dato ai calciatori 30 mila euro che sarebbero stati così divisi: 6 mila a Millesi, altri 6 mila a Izzo, 3 mila a Pini e 15 mila a Peccarisi.
LE TRE POLPETTE
Gli investigatori lavorano per trovare riscontri alle dichiarazioni del pentito. Tutti i personaggi citati potranno replicare nei successivi passaggi dell’indagine. Agli atti ci sono molte intercettazioni: sms e telefonate. Per Avellino- Reggina, a Millesi sarebbero stati consegnati 50 mila euro destinati a corrompere gli avversari. A ridosso della gara, si registra un vorticoso giro di sms e telefonate. Prima di ricevere la conferma dell’avvenuta combine, il clan teme di perdere i soldi. E in un sms, Accurso scrive a Pini: «Tu gli hai spiegato che se l’orologio è falso dà 350 indietro». Il riferimento, secondo gli investigatori, è alla somma stanziata dalla cosca. Quando arriva l’ok, Pini esulta al telefono con Russo: «Ti mando la conferma... ci dobbiamo mangiare tre polpette, ho la pancia piena». La gara finirà 3-0. Dopo la partita, erano pronti a truccarne subito un’altra. «Pini mi mandò un messaggio che avevano una notizia buona su Padova- Avellino». La sera del 25 maggio però Accurso viene arrestato. Quando i carabinieri lo bloccano, ci sono anche Pini e Russo. Stanno andando a festeggiare la vincita. In tasca, Russo ha la bolletta di una scommessa che gli ha fruttato oltre 13 mila euro: Avellino- Reggina, risultato finale 1.