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 2015  agosto 04 Martedì calendario

Chi era e cosa ha fatto Hitchbot, il robot autostoppista

HitchBot, il robot canadese programmato per fare l’autostop, è stato fatto a pezzi per le strade di Philadelphia. La notte del 1° agosto alcuni vandali lo hanno rotto, decapitato, distrutto, lasciandolo sul ciglio di una strada.
 
Così l’umanoide, che aveva viaggiato con successo in Canada ed Europa, non è sopravvissuto agli Usa provocando un’ondata di indignazione fra i cittadini americani. La macchina, progettata per avere una conversazione con i conducenti dei veicoli che lo trasportavano, affidandosi alla loro gentilezza. Così, però, non è stato e i teppisti di Philadelphia hanno precocemente fermato la corsa del robottino viaggiatore. Il suo viaggio in America era iniziato il 17 luglio da Boston e sarebbe dovuto finire a San Francisco.
 
In Europa era stato in Germania e nei paesi bassi.
 
Hitchbot era un robot alto quanto un bambino di cinque o sei anni programmato inizialmente per attraversare il Canada coast to coast da Halifax, nella Nuova Scozia fino a Victoria, nella British Columbia, spostandosi ovviamente solo con l’autostop. I suoi creatori lo misero su strada il 27 luglio 2014 per le vie di Halifax e da allora è stato seguito attraverso i suoi post sui social network (Facebook, Twitter, Instagram).
 
Il primo passaggio lo portò per 563km. 21 giorni dopo (nota: c’è chi scrive 26) aveva attraversato il Canada partecipando anche a un matrimonio.
 
A costruirlo è stato un gruppo di ricercatori di Port Credit, in Ontario, tra cui il dottor David Smith, della McMaster University e il dottor Frauke Zeller, della Ryerson University.
 
Hitchbot, era dotato di Gps, aveva una connessione 3g, videocamera, infatti, poteva muovere solo il braccio, e per tutto il resto invece doveva affidarsi a chi gli offriva un passaggio.  HitchBot, il robot canadese programmato per fare l’autostop, è stato attaccato da alcuni vandali a Philadelphia.  La notte del 1° agosto lo hanno distrutto, decapitato, fatto a pezzi, lasciandolo a bordo strada. L’automa, che aveva viaggiato con successo con il pollice verso l’alto in Canada ed Europa, non è sopravvissuto alle strade statunitensi provocando un’ondata di indignazione fra i cittadini americani. La macchina, progettata per avere una conversazione con i conducenti dei veicoli che lo trasportavano, avrebbe dovuto raggiungere la meta negli Stati Uniti solamente grazie alla gentilezza dei viaggiatori. Così, però, non è stato e i teppisti di Philadelphia hanno precocemente fermato la corsa del robottino viaggiatore. Il suo viaggio in America era iniziato il 17 luglio da Boston e sarebbe dovuto finire a San Francisco.
 
In Europa era stato in Germania e nei paesi bassi.
 
Hitchbot era un robot alto quanto un bambino di cinque o sei anni programmato inizialmente per attraversare il Canada coast to coast da Halifax, nella Nuova Scozia fino a Victoria, nella British Columbia, spostandosi ovviamente solo con l’autostop. I suoi creatori lo misero su strada il 27 luglio 2014 per le vie di Halifax e da allora è stato seguito attraverso i suoi post sui social network (Facebook, Twitter, Instagram).
 
Il primo passaggio lo portò per 563km. 21 giorni dopo (c’è chi scrive 26) aveva attraversato il Canada partecipando anche a un matrimonio.
 
A costruirlo è stato un gruppo di ricercatori di Port Credit, in Ontario, tra cui il dottor David Smith, della McMaster University e il dottor Frauke Zeller, della Ryerson University.
 
L’idea del robot-autostoppista era una via di mezzo tra una performance artistica e un esperimento scientifico. Spiegava David Harris Smith, assistente alla McMaster University, all’inizio dell’avventura: «Si è molto discusso sui robot, che stanno avendo sempre più spazio nella nostra società: possiamo fidarci di loro? Prenderanno il controllo della società? E questo esperimento inverte i termini del discorso: i robot possono fidarsi delle persone?».
 
Hitchbot, che aveva un secchio per corpo e gambe di lattice blu, guanti da giardinaggio e stivali di gomma gialli con stelle nere, era dotato di Gps, aveva una connessione 3g, videocamera ma poteva muovere solo il braccio, e per tutto il resto infatti doveva affidarsi a chi gli offriva un passaggio.
 
Hitchbot scattava una foto ogni 20 minuti (oltre a quelle ricordo) che poi caricava in rete, sapeva interagire con le persone. Imparava dall’esperienza, perfezionando man mano la sua sintassi (molte informazioni le prendeva da Wikipedia). Adorava la musica elettronica (aveva una preferenza per Mr. Roboto, Blueman Group e Kraftwerk) e apprezzava la filosofia e l’astrofisica. Tra i suoi hobby c’era quello di preparare dolcetti. Non amava gli sbalzi di temperatura troppo violenti e gli acquazzoni. Teneva  un giornale aggiornato per raccontare di volta in volta le sue avventure. Compresa la volta in cui gli regalarono un ombrello.
 
Agli automobilisti veniva chiesto solo di ricaricarlo e di non farlo scendere in strade troppo trafficate. Infatti erano soliti lasciarlo nelle stazioni di servizio in attesa del prossimo passaggio. E così è stato fino al primo agosto.
 
«Non ci interessa accusare o trovare chi ha distrutto Hitchbot. Preferiamo ricordare i bei momenti, e incoraggiamo i suoi amici e fan a fare lo stesso». Ma c’è già chi ha lanciato una raccolta fondi per ricostruirlo.
 
Oltre ai suoi creatori, lascia una sorella, KulturBot, che lavora nelle biblioteche, 30mila fan e l’amarezza di un esperimento fallito: «I robot non si possono fidare degli umani».