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 2016  maggio 01 Domenica calendario

La rivoluzione delle donne pastore

Michelle si alza presto tutte le mattine, porta al pascolo le sue diciassette capre poi prende l’auto e dalla sua casa a Terenzo, sull’Appennino parmense, va in città per seguire le lezioni all’università. Con i suoi 23 anni e il suo primo gregge da cui produce latte, yogurt e caprino è una delle più giovani pastore d’Italia. Ma non è sola. Nel Belpaese c’è un universo femminile che porta avanti con orgoglio un mestiere che in passato è stato associato soprattutto all’uomo.
Nuove professionalità: formaggi, lana, carne
È la rivoluzione delle donne pastore, giovani e anziane che dal nord al sud delle Penisola sono diventate nuove custodi naturali del territorio, capaci non solo di far rivivere tradizioni e tecniche legate all’allevamento ovino, ma di inventarsi nuove professionalità tra produzioni artigianali di formaggi e lavorazioni della lana e della carne, valorizzando le zone isolate e spopolate in cui operano.
A dare voce a questo mondo dimenticato e spesso sconosciuto è Anna Kauber, parmigiana studiosa del paesaggio e delle tecniche agricole, che lo scorso ottobre ha cominciato un viaggio alla scoperta delle pastore, per raccontare la rinascita di una dimensione che sembrava confinata nei ricordi di vecchie fotografie in bianco e nero, e che invece oggi ha colori più che mai vividi, tra mercati bio e filiere corte, social network e vendite Online. “Non sono esperienze marginali – spiega la ricercatrice -. La pastorizia è una scelta molto più rivoluzionaria dell’agricoltura. Queste persone rappresentano un modello di vita, e se c’è un modo di celebrare i settant’anni del voto alla donna, è conoscerle e farle conoscere”.
Sono circa settanta le protagoniste di “Pastore, femminile plurale”, il progetto autofinanziato (a cui si potrà contribuire con crowdfunding seguendo la pagina Facebook di Anna Kauber) che toccherà 14 regioni, dalla Val d’Aosta alla Calabria, passando per le isole, per diventare un documentario e un libro. Storie di ventenni o novantenni, di laureate, cuoche, artiste, mogli e madri, tutte accomunate dal “mal di pecora”, che quando ti prende “è totalizzante e non ti abbandona più”.
Alcune di loro hanno voltato le spalle alla città, magari ribellandosi alle famiglie che le volevano impiegate in ufficio. Per altre gli studi sono stati un periodo di passaggio prima di tornare alla vera vocazione. Come Rosetta e Donatella, figlie di pastori, che hanno praticato la transumanza in Puglia durante gli anni del liceo e dell’università. Completati gli studi hanno però seguito le loro orme dei genitori e oggi producono pecorino canestrato con un allevamento di 80 pecore a Castel Del Monte (Andria).
O Maria Chiara, che sulle colline dell’Oltrepò pavese ha barattato la sua laurea in matematica con la cagliatura e la stagionatura dei formaggi. C’è anche chi il lavoro con gli ovini se l’è trovato cucito addosso alla nascita. Edi, figlia di pastori reggiani, è “nata in transumanza” sul passo del Cerreto, con il motore centrale del camion rimorchio a farle da culla, e insieme alla famiglia ha continuato fino al 1998.
“Prestammo a Nilde lotti una cavalla per i partigiani”
Albina, oggi novantenne, ha transumato in Maremma da Cerreto Alpi dall’età di sei anni fino a quando non si è sposata portando in dote 25 pecore, e della sua vita da pastora bambina ricorda gioie, ma anche dolori. Come quando Nilde lotti mise gli occhi sulla loro cavalla: “La prese in prestito per aiutare i partigiani nelle staffette, e ce la restituì magra e sciupata”.
Le voci del passato servono alla studiosa parmigiana per ricostruire l’evoluzione di un quadro in continuo mutamento, che spesso vede il ritorno non solo dei figli, ma anche dei nipoti, che a distanza di generazioni rimettono in piedi un’azienda agricola, un caseificio o un gregge.
“Solo in campagna c’è tempo e silenzio”
“Il lusso prima era tutto quello che poteva essere monetizzato. Nell’immediato futuro sarà quello che non puoi comprare: il tempo, il silenzio, l’aria pulita. E solo il mondo rurale ha questo lusso”, racconta Manuela Cozzi, agronoma fiorentina che con i suoi 1.500 animali ha fondato un piccolo impero ad Anversa degli Abruzzi.
Esperienze simili ci sono in Toscana, dove si incontrano pastore di origini sarde ed emiliane, arrivate in tempi antichi con la transumanza o le migrazioni. E da qui e dal Nord Italia che negli ultimi anni è nata la pastorizia moderna, con il recupero di particolari razze di animali e nuovi sbocchi professionali.
“Il ritorno al settore è cominciato al nord, dove è arrivato prima il benessere – osserva Anna Kauber -. Al sud, dove pastorizia e agricoltura sono perdurate più a lungo e sono sempre state viste come professioni umili, c’è stato un rifiuto e la ripresa è stata più sofferta”.