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 2016  aprile 30 Sabato calendario

Bertinotti spiega perché un comunista come lui dialoga con Cl

Caro Furio, come sai ricambio, nei tuoi confronti, i sentimenti di amicizia e di stima che hai avuto la gentilezza di rivolgermi. Ne approfitto per qualche nota di precisazione rispetto a ciò che mi attribuisci sul mio rapporto con Comunione e Liberazione. Non c’è alcuna scelta di “salire a bordo della fede” di chicchessia, come testimonia la mia risposta alla domanda conclusiva dell’intervista citata. Mi permetto di ricordarla. Domanda: “Si sente folgorato dalla fede religiosa?” Risposta: “No, questo sarebbe la negazione del dialogo che deve essere tra diversi. Se uno pensa di farsi cooptare vuol dire che non ha identità”. Altra è l’esperienza del dialogo rispetto a quella della conversione. Penso che il dialogo tra credenti e non credenti debba svolgersi senza pregiudizi e preclusioni. Ho interloquito direttamente, nel mondo cattolico, con personalità assai diverse tra loro che vanno dal Cardinal Ravasi all’Arcivescovo di Bologna, Don Matteo Zucchi, da diversi parroci di Roma ai molti Vescovi che hanno avuto la generosità di invitarmi a discutere della “Laudato Si” (ultimi quelli di Ascoli e di Nola) da un sacerdote immerso nel sociale come Don Virginio Colmegna a chi dirige una casa editrice come Don Roberto Donadoni. Ma ho intrattenuto un rapporto anche con personalità come quella di Don Franzoni, l’ex abate di San Paolo o, quella militante, di Frei Betto. In tutta la mia lunga vicenda politica ho lavorato con le associazioni del volontariato cattolico, come quelle dell’impegno sociale, dalle Acli alle molte presenze cattoliche nel sindacato. Abbiamo camminato insieme, anche dissentendo, quando se ne è dato il caso. Ho più recentemente conosciuto diverse realtà e esperienze di Cl. Da un po’di tempo ho avuto l’occasione di sviluppare un confronto intenso, per me assai fecondo, con Julián Carrón di cui inviterei, chi non l’avesse fatto, a conoscere le posizioni espresse, anche in questi ultimi mesi, sia nel campo della fede che sul tempo che stiamo vivendo. So bene che la vita, come tu la chiami, prende corpo nella società di questo protervo capitalismo in molte parti e, tra loro, diverse. Sono forme di resistenza, di conflitto sociale, di autogoverno, di mutuo soccorso, di comune. Sono forme di rivolta. Penso che tutte queste, dovunque collocate, debbano ricercarsi per poter intraprendere, insieme agli “uomini di buona volontà” la via della liberazione, per “ricominciare daccapo”. Come penso, da tempo, che la sinistra, in Europa, non viva più nelle istituzioni e nelle forze politiche, così penso che essa viva, invece, nella società. Penso che essa viva nei movimenti, nei conflitti, nell’insorgere dell’imprevisto, ultimo il parigino Nuit debout.
Su Comunione e Liberazione ti vorrei proporre, se me lo permetti, due temi di riflessione. Primo, siccome ogni forma organizzata cambia se stessa nel corso della propria storia, qual è oggi la realtà di Cl? Sei sicuro che sia la stessa di 10/15 anni fa? Sei sicuro, che in questa realtà, l’influenza della presenza di Papa Francesco e quella della sua guida, Julián Carrón, non producano l’esperienza di un nuovo cammino, esperienza ispirata da una fede che non è la mia ma che sa vedere i mali di questo mondo e che si propone di intravedere, per tutta l’umanità, un futuro diverso? Secondo: ho detto che in Cl mi ha colpito l’esistenza di un popolo. So che ti stupirà ma io, che resto comunista, ho visto in quello i molti tratti in comune (le diversità sono troppo note per doverne parlare) con il popolo che è vissuto con le grandi istituzioni (partito e sindacato) del movimento operaio. Uso, come vedi, la parola fedi al plurale. Credo di conoscerne le differenze. Ma penso fermissimamente che senza il dialogo tra gli uomini di fede (seppure di fedi diverse) vincerebbe, come oggi purtroppo vince, l’unica ideologia ammessa in questa parte del mondo, l’ideologia del mercato, della competitività e del profitto. E non è, per me, questo un bel vedere.