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 2016  aprile 30 Sabato calendario

L’invasione delle nutrie in Pianura Padana

Contro l’invasione delle nutrie, grosso roditore sudamericano che ha colonizzato buona parte della pianura Padana, l’Emilia Romagna schiera un esercito di poliziotti provinciali, guardie comunali, personale dei parchi, agricoltori e cacciatori (questi ultimi però solo durante la stagione venatoria). È la prima regione italiana ad essersi mossa con una delibera dopo che il governo era intervenuto lo scorso febbraio, mantenendo le nutrie fra le specie infestanti, alla stregua dei topi, ma demandando alle regioni la fissazione di regole per il loro contenimento: «La situazione è molto pesante, il numero di esemplari è altissimo nel nord Italia, con gravi danni alle colture, alla biodiversità e agli argini di canali e fiumi, dove le nutrie costruiscono tane e cunicoli, favorendo anche le alluvioni», spiega l’assessore all’agricoltura Simona Caselli.
Il boom
Secondo Coldiretti ci sarebbero almeno un milione e mezzo di nutrie concentrate soprattutto fra Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, dove il rapporto fra animali ed abitanti arriverebbe a uno a cinque. Un censimento ufficiale in realtà non esiste e questi dati, così come il piano di soppressione dei roditori, stanno sollevando critiche pesanti da parte delle associazioni animaliste.
I primi allevamenti di nutrie risalgono alla fine degli anni Venti, poi, col benessere nel secondo Dopoguerra, c’è stato il boom della pelliccia di «castorino», come veniva chiamata. Con la crisi del settore negli Anni ’80, molti allevatori hanno liberato gli animali nelle campagne, dove le nutrie si sono moltiplicate, prendendo possesso degli argini e sconvolgendo l’habitat. Ora la regione Emilia Romagna prevede che gli operatori catturino e uccidano le nutrie con trappole apposite e metodi non dolorosi, ma anche con armi da fuoco, quando si tratti di agricoltori e cacciatori debitamente formati e inquadrati.
I contrari
Gli animalisti insorgono: «Esprimiamo totale contrarietà alle uccisioni indiscriminate, anche perché sono inefficaci, come insegnano esperienze passate – dice Massimo Vitturi, della Lav, Lega Antivisezione -. Per limitare il numero delle nutrie bisogna vietare la caccia alla volpe: è il loro unico predatore e viene cacciato indiscriminatamente perché si nutre di lepri e fagiani, che interessano ai cacciatori. Poi si deve lavorare sul controllo farmacologico della riproduzione: prolificano al ritmo di 14 cuccioli all’anno». Anche l’Enpa, Ente nazionale protezione animali, attacca il provvedimento: «Sulle nutrie c’è tanto allarmismo e molte leggende metropolitane, e soprattutto è dimostrato scientificamente che più se ne ammazzano e più tendono a riprodursi» spiega Annamaria Procacci. Più possibilista il Wwf: «Il principio del contenimento della specie è condivisibile, anche se le modalità di soppressione vanno valutate bene». Stefano Masini di Coldiretti se la prende coi ritardi dello Stato: «Nutrie, lupi e cinghiali non sono mai stati censiti. Sappiamo solo che i danni complessivi ammontano a 100 milioni di euro».