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 2016  aprile 30 Sabato calendario

Storia di Alessio Pozzi, vent’anni, bresciano, modello per caso: «Siamo pagati meno delle donne ed è giusto, loro spendono di più»

Per uno qualsiasi, dalla fisicità qualsiasi e dai progetti qualsiasi, passeggiare per un centro commerciale significa solo una birretta con amici, una bella ragazza che passa. Per Alessio Pozzi, vent’anni, da Capriolo (Brescia), 1,89 di fattezze marmoree, ha voluto dire tutto. Una vita ribaltata, il successo nel mondo non facile della moda. Alessio Pozzi è tra i modelli più amati dalle teen di tutto il mondo, re dei social, con oltre 90 mila follower su Instagram. All’uscita dalle sfilate le quindicenni lo accolgono con urla degne di una rockstar, selfie a occhi umidi d’emozione, non ce n’è per altri. Incontrarlo e trovarlo bello come nelle foto di Dolce & Gabbana, di Versace, di Givenchy, di Calvin Klein, come accanto a Irina Shayk e a Courtney Love sembra naturale, persino la cicatrice che gli solca la guancia, su quella guancia, ha un suo perché. Generazione Millennials ha le idee belle chiare. Arriva con papà, che fa il sorvegliante nei grandi supermercati, mamma barista e fratello quindicenne. Lui, galante, pronto a cedere il passo, attento a quel che dici, ti pianta addosso gli occhi da guerriero con sopracciglia perfette, valuta se aprirsi oppure no, da bresciano e bergamasco a metà strada. Al ristorante è tutto un darsi di gomito e occhi languidi nonostante vesta jeans, maglietta e sneakers. Lui risponde, a ogni sorriso, «è il minimo».
Alessio, com’è andata?
«Ero con i miei in un centro commerciale vicino Bergamo, avevo appuntamento con un dentista per una visita gratuita. Poco lontano c’era un set di moda e mi guardavano. Poi il fotografo si è avvicinato e ha chiesto se volevo andare a Milano per degli scatti. Mio padre mi ha accompagnato, dopo una settimana ho cominciato a lavorare. Fino ad oggi non ho mai smesso».
Ma che cosa ti aspettavi?
«Non sapevo che cosa aspettarmi, quel fotografo era uno scouter, io ho firmato con l’agenzia Elite Milano, un’enorme fortuna, l’agenzia fa la differenza, offre opportunità professionali, dà sostegno, assistenza. Ho cominciato a fare casting, mi hanno presentato un sacco di gente, ma non sapevo niente del mestiere. Una di queste volte mi ha visto Domenico Dolce gli sono piaciuto, ho fatto un catalogo ed è partito tutto».
Ti senti bello?
«Mi sono costruito. Tanta palestra, mangio di tutto, pasta tutti i giorni anche quando sono all’estero, me la cucino da solo. Adoro i dolci, la panna cotta su tutti. Allora dopo sto un po’ di più sugli attrezzi. Ho un certo fisico, ci sono brand che non sarebbero adatti a me pure se digiunassi, vado bene per corporature da uomo, so per chi posso lavorare e per chi no».
La tua famiglia è spesso con te. Ti controlla?
«Mi lasciano libero ma monitorato. Io da piccolo ero una peste, mi arrampicavo sulle grondaie di casa, passeggiavo sul tetto. Ora è diverso. Mi piace tornare a casa e dividere la camera con mio fratello, mi sveglio tardi, alle 10, faccio una colazione abbondante e poi palestra. Ho tanti amici, chi lavora in fabbrica, chi è manovale, la sera, quando finiscono, usciamo insieme, al massimo un bicchiere, mio padre è astemio, io bevo poco, con la vita che facciamo bisogna essere lucidi e in forma».
Fidanzata? Una, tante?
«Tu mettine una. Elisa, conosciuta a scuola. È commessa part time con tutto che ha un diploma. Da noi sono parecchi quelli che hanno un titolo di studio e non trovano un lavoro all’altezza».
I tuoi amici ti invidiano un po’?
«Macché, loro sono i miei primi fan, s’informano sempre, mi chiedono quando torno. Casomai mi prendono un po’ in giro per le foto che faccio. Cerchiamo sempre di organizzare le vacanze insieme, in agosto quando anche i clienti sono fuori. Ma non sono mai uscito dall’Italia, Rimini, Riccione, per restare in zona, spesso vengo chiamato e parto facendo saltare le ferie e tutti. Quest’anno rischiamo, andiamo in Grecia».
Cosa sogni di comprare con i soldi che stai guadagnando?
«Metto da parte il più possibile per un appartamento nelle mie zone. Mi piace stare lì, il posto è bellissimo, il lago d’Iseo, Desenzano, Peschiera le montagne, Ponte di legno, Tonale, mi piace la dimensione del paese. Ci pensa il lavoro a portarmi nelle grandi città. A New York più di un mese di fila non riesco a stare, troppa gente. Conta che parto da un paese di 10.000 abitanti».
E la scuola?
«Ho dovuto interrompere all’ultimo anno, andavo una volta a settimana, ero sempre in giro. La finirò privatamente, ci tengo molto. Intanto ho imparato bene inglese e spagnolo».
Pensi mai al dopo? Il tuo non è un lavoro da tutta la vita.
«Tempo ne ho e contatti pure. Mi piacerebbe rimanere nel mio settore, però dovesse capitare dell’altro lo prenderei. Mi piacerebbe il design delle macchine. Ma è troppo difficile».
Tu hai un seguito enorme sui social, pensi di poter essere d’esempio ai ragazzi della tua età?
«Spero di sì, sono rimasto semplice grazie anche alla mia famiglia».
Che cosa odi del tuo mestiere?
«Sei sempre in giro ma non vedi niente, un giorno e via, tre voli alla settimana, sempre con la valigia. E non mi piace come la gente ci vede, come fossimo sempre fuori a fare la bella vita».
Come ti sei fatto quella cicatrice sulla guancia?
«Giocando con Gris, il gatto, ha la mia età, siamo cresciuti insieme, anche lei ha le mie stesse cicatrici».
È vero che le modelle vengono pagate di più? Ti sembra giusto?
«È vero e ha un senso. Prendi la scarpiera di un uomo e quella di una donna. Un uomo ha tre paia di scarpe, le ragazze mille. Spendono di più».
Alcol e droga, ne gira tanta di droga?
«Come ovunque, pure meno. Anche l’anoressia, è un discorso banalizzato. Il nostro lavoro è il nostro corpo, devi essere in forma, la pelle del viso risente subito di disturbi e malessere, i ritmi ai quali siamo sottoposti sono serrati, devi stare attento, la disciplina è basilare».
Hobby?
«Videogames, gioco a tutto, mi piace guardare film d’azione americani, ho un’applicazione Netflix fantastica. I film italiani meno, solo i comici, Checco Zalone, Enrico Brignano. Adoro lo sport, bicicletta e calcio. Sono juventino perso, felice per lo scudetto, dispiaciuto per la Champions. Orgoglioso di essere “gobbo”».
Da voi i raccomandati esistono?
«La raccomandazione serve all’inizio per spingerti ma poi devi piacere ai clienti, altrimenti niente. Come un calciatore, pure se conosce il manager di una squadra, ma poi è una pippa e non segna, festa finita».