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 2016  maggio 01 Domenica calendario

In Kenya hanno bruciato migliaia di zanne per salvare gli elefanti

Francesco Battistini per il Corriere della Sera
Un rogo che durerà giorni al Nairobi National Park (nella foto): in fiamme 105 tonnellate d’avorio, 16 mila zanne, 150 milioni di dollari. Il più grande Ivory Crush della storia in difesa degli elefanti e dei rinoceronti che rischiano l’estinzione per il bracconaggio.
«L’ unico avorio buono è quello attaccato a un elefante vivo!», ha proclamato il presidente kenyano Uhuru Kenyatta. «A ogni bracconiere, a ogni compratore, a ogni venditore: avete i giorni contati!», ha detto Ali Bongo, presidente del Gabon che possiede la metà degli elefanti di tutta l’Africa. Insieme, poi, han preso una torcia. E in un parco di Nairobi, solenni, hanno incendiato undici pire:105 tonnellate d’avorio, 16mila zanne, 150 milioni di dollari. Il più grande Ivory Crush che la storia ricordi. Il grande falò della vanità: quella di possedere un fosfato che ogni quarto d’ora uccide un elefante e invece, restasse attaccato all’animale vivo, «renderebbe cento volte di più in guadagni per il nostro turismo».
Nel 2030, avanti così, non ci sarà più avorio. D’elefanti ne restano 350 mila, ed erano tre volte tanti solamente negli anni 70. Di rinoceronti, ce n’è meno di 30 mila: e della specie bianca, in Kenya, ne sopravvivono solo tre. Colpa della Cina che alimenta il traffico clandestino, mille euro al kg, nonostante i divieti internazionali del 1989. Colpa del mercato americano. Colpa di Botswana, Namibia, Sudafrica, Zimbabwe che han rimesso in circolazione i loro stock. Colpa della caccia ai Big Five (elefante-rinoceronte-leopardo-leone-bufalo), il safari illegale che ancora attrae tanti Hemingway dilettanti. Colpa dei gruppi armati che col bracconaggio incassano 50 mila euro a corno: il jihad ama l’oro nero, ma nemmeno disdegna quest’oro bianco che finanzia gli aspiranti martiri sudanesi e somali. «Quel commercio è sinonimo di morte per gli elefanti e per noi», ha detto Kenyatta, peraltro proveniente pure lui da clan che sull’avorio hanno prosperato. Per incenerire tutto quell’avorio, ieri è servita una potente miscela di diesel e kerosene che resistesse alle forti piogge. Per fermare la strage, servirà un divieto totale del commercio globale che sconfigga mille resistenze. Il Kenya lo proporrà a fine anno al prossimo Cites, la conferenza mondiale sul commercio delle specie in pericolo. Mezza Africa è in affari con la Cina e con l’America: quanti oseranno bruciare i loro contratti, per salvare qualche animale?

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Paolo G. Brera per la Repubblica

Andrea Crosta, cofondatore e direttore dell’Ong californiana
Elephants Action League, ieri era in prima fila a Nairobi.
Il rogo non convince tutti: più ne bruciate, dicono, più salgono i prezzi e l’interesse dei bracconieri. È così?
«No. Vengono distrutti esclusivamente beni illeciti provenienti da sequestri alla criminalità o ai turisti. L’avorio illegale sparisce dal mercato quando c’è il sequestro, non quando lo distruggi. E il presidente Kenyatta ha ricordato che anni fa, con le prime distruzioni in Kenya, il prezzo scese sia in Africa che in Asia».
Che senso ha bruciare una fortuna invece di usarla per difendere gli animali?
«Si genera la percezione che è sbagliato e illegale comprare avorio. Al di là che tu sappia se è legale o meno, devi sapere che è sbagliato. Rimetterlo in circolo legalmente darebbe il messaggio contrario: continua pure, ce n’è tanto e va bene. È questo che sta uccidendo l’elefante».
Quanto costa una zanna?
«Il bracconiere incassa qualche decina di dollari al chilo. L’avorio grezzo arriva nel mercato principale cinese a due o tremila dollari al chilo».
Esiste un mercato legale?
«Sì, ma la domanda forte e la disponibilità bassissima inducono chi ha la licenza a riciclare grandi quantità illegali. Per questo i presidenti di Kenya e Gabon chiedono alle nazioni in cui esiste un mercato domestico legale di proibire ogni vendita».
E l’Italia?
«In Italia è legale commerciare avorio certificato antecedente al 1989. La situazione è simile a quella cinese, ma gli italiani non lo comprano mentre i cinesi sì».
L’ultima vendita legale?
«Nel 2008 la Convenzione Onu che regola il commercio diede l’ok a un’asta per 60 tonnellate da 4 paesi africani. Finirono in Cina, dove il mercato ne richiede 200 tonnellate l’anno. E dove trovi il resto? Dai bracconieri».