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 2016  aprile 30 Sabato calendario

Ma lo sport e la società hanno leggi. E Schwazer ha pagato quello che doveva pagare

Per Tamberi e per altri, Schwazer non ha il diritto di tornare in azzurro. Niente nazionale per lui, colpevole di doping. E niente Giochi di Rio, se si qualificasse. Può marciare, può gareggiare. Non nel nome dell’Italia. Questa è l’opinione di Gianmarco Tamberi, saltatore in alto, espressa sui social. Schwazer pur avendo scontato tutta la pena, 3 anni e 9 mesi, deve restare fuorilegge a vita. Dannato e condannato. Sdegnarsi a parole è facile. E anche legittimo. Com’è giusto che chi offende non abbia più spazio dell’offeso. Perché tra chi fa il male e chi lo subisce resta un’enorme differenza. Ma lo sport e la società hanno leggi. E la legge dice che quando hai finito di pagare la pena puoi tornare nella collettività. In Italia e nel mondo. Sono rientrati molti campioni, fermati per doping (Gatlin, Powell, Gay). Si può fischiarli, ma quando salgono su un podio olimpico, come Gatlin, bronzo a Londra 2012, anche Bolt dà loro la mano. Il Cio nel 2011 sul doping introdusse “la legge di Osaka”: chi era stato squalificato per più di 6 mesi non poteva partecipare ai Giochi. La regola fu rimossa perché il Tas la giudicò non conforme. Si può ritenere Schwazer un delinquente che non merita stima, gli si può togliere il saluto, ma non gli si può impedire di marciare in competizioni importanti. È stato una vergogna per l’Italia? Sì, il primo campione olimpico squalificato per doping. Ma anche chi non paga le tasse è una vergogna e produce danni al paese. Non risulta però che a Valentino Rossi e Alberto Tomba, inciampati nell’evasione fiscale, sia stato impedito di dichiararsi “made in Italy”. Se Gianmarco crede che la legge sia sbagliata si batta per cambiarla, lui e gli altri. Esistono commissioni atleti, nella Iaaf e nel Cio, dove far sentire la propria voce. La platea social è facile, ma le norme si fanno altrove. E se chi contesta Schwazer crede in un’etica al di sopra delle leggi, lanci il boicottaggio dei puliti: «Nessuno di noi a Rio se ci sono gli ex dopati». Muhammad Ali rinunciò al titolo mondiale perché rifiutò la chiamata in Vietnam. Gianmarco ha fatto sentire il suo rullo di batteria all’indomani dell’assoluzione del fratello, Gianluca, giavellottista, coinvolto insieme ad altri, nel pasticcio dei Whereabouts, la mancata reperibilità ai controlli antidoping, che ha rischiato di azzerare l’atletica italiana. Quelle norme del processo sportivo che hanno stabilito l’innocenza del fratello vanno bene e quelle che restituiscono Schwazer alla strada no? Il presidente Malagò ha appena annunciato la positività del canottiere Mornati, fratello di Carlo, vicesegretario Coni. Più che l’imbarazzo parlano le regole.