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 2016  aprile 30 Sabato calendario

Quando un satellite italiano cambiò l’astronomia. Era il 30 aprile 1996

Il 30 aprile 1996 partiva da Cape Canaveral il primo satellite scientifico italiano. A terra aveva il banale nome di Sax (Satellite per Astronomia X), ma in orbita divenne per tutto il mondo Beppo-Sax, in onore di Giuseppe Occhialini, il grande fisico italiano del secolo scorso, padre della astrofisica delle alte energie.
Dall’idea al lancio era passata una quindicina d’anni, molto più del necessario, per difficoltà tecniche ed economiche, ma anche perché gli astrofisici non sono diversi dagli altri italiani: chi voleva il satellite tondo, chi lo voleva quadrato, chi soprattutto non lo voleva. Ci fu il rischio che la missione non decollasse. Nella baruffa erano coinvolti anche l’industria aerospaziale (con un occhio al profitto) e famosi scienziati italiani emigrati in Usa, che, ovviamente, dicevano la loro. Alla fine si trovò un ragionevole compromesso tecnico, Asi fu convinta dalla spinta del ministro Umberto Colombo, e Beppo-Sax (Bs) partì a esplorare il cielo X e gamma. Un anno di osservazioni, con scienza “pane e burro”, e poi il colpaccio, inaspettato ma non troppo. Grazie ai rivelatori di bordo, ma anche alla rapidità degli scienziati e degli operatori della stazione Asi di Malindi, in Kenia, Bs svelò uno dei misteri più grandi della astronomia: la natura dei lampi di raggi gamma.
Rivelati decenni prima dai satelliti spia americani e sovietici, si temeva che questi improvvisi lampi provenissero da esplosioni nucleari (del nemico, ovviamente). Poi si capì che venivano dal cielo, senza sapere da dove. Bs ebbe il merito di riuscire a riposizionarsi rapidamente in cielo e cogliere, prima che si spegnesse, l’eco della esplosione, rendendola osservabile da terra. Ecco svelato il mistero: sono enormi esplosioni in galassie ai confini dell’universo. Nessuno l’aveva capito prima. La velocità di ripuntamento del satellite era stata la chiave: Bs ci riusciva in poche ore, grazie ai tecnici dell’ Asi. Ricordo lo smacco di un collega tedesco, capo di una grande missione concorrente, che sportivamente mi disse: «Voi ci riuscite in sei ore, noi ci mettiamo sei giorni… ah, gli italiani…». Il bel risultato sui lampi gamma fu confermato decine di volte nei sei anni della vita di Bs, lo spegnemmo il 30 aprile 2002 con un telecomando con le parole: «Bravo BeppoSax». Cadde nel Pacifico un anno dopo. Su molti scienziati coinvolti, italiani e non, cadde una pioggia di premi, dagli Usa e non solo: è giusto dirlo, vent’anni dopo.
Morto il re, viva il re: la grande tradizione italiana in astrofisica delle alte energie non poteva fermarsi. Durante la vita di Bs, l’Asi stava già preparando un’altra missione, tutta italiana, di astronomia gamma: Agile. Partì (in grave ritardo) nel 2007 ed è ancora attiva in orbita. Sta dimostrando che con 100milioni di euro si può fare una missione scientifica che cambia la nostra visione del cielo gamma, sia scoprendo sorgenti nuove, sia studiandone la variabilità. Chiunque può vederlo, questo strano cielo: basta aprire la app “Agile Science” e selezionare “the gamma-ray sky now” per una full immersion nel mondo dei pulsar e dei quasar. Ma la missione è in corso, e molto resta da scoprire. Ed è arrivato un premio Usa anche per Agile. Anzi, l’Italia è la nazione che, dopo gli Usa, ha preso più volte il Premio Bruno Rossi, il più importante per l’astrofisica delle alte energie. A cavallo del millennio, aspettando Agile, la Asi aveva comunque garantito alla spumeggiante comunità italiana l’accesso alle due missioni Esa nel campo X e gamma, lanciate nel 1999 (Xmm/Newton) e nel 2002 (Integral) sotto la guida di scienziati italiani. Le due missioni sono ancora in volo, come le due Nasa, Swift (2004) e Fermi (2008), anch’esse dedicate ai raggi X e gamma e nelle quali, ancora una volta, i gruppi italiani, con Asi, hanno una presenza importante.
Cosa resta da scoprire nel cielo delle alte energie? Tantissimo, soprattutto dopo la rivelazione delle onde gravitazionali, anch’esse generate in esplosioni cosmiche. La sfida (che oggi farebbe impazzire Beppo, scomparso nel ’93)sarà proprio trovare il legame tra due visioni dello stesso universo.