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 2016  maggio 01 Domenica calendario

In Iran diciasette donne sono entrate in Parlamento ma Minoo Khaleghi non ce l’ha fatta: una stretta di mano a un uomo le è costata l’elezione

Mai così tante donne, nella storia della Repubblica Islamica, sono entrate in Parlamento. Altre quattro iraniane si sono conquistate un seggio ieri al secondo turno delle elezioni. Così, al fianco delle 14 già elette al primo turno a fine febbraio, porterebbero il totale delle deputate a diciotto (sui 290 parlamentari), il doppio dell’assemblea uscente. Se non fosse che la mancata conferma di una di loro da parte del Consiglio dei Guardiani, organo non eletto formato da religiosi e giuristi, ha in parte rovinato la festa.
Si tratta della deputata riformista Minoo Khaleghi, attivista ambientale e dottoranda in Giurisprudenza trentenne. È nipote di un ex ministro del presidente Khatami ed è stata eletta a Isfahan – la principale meta turistica del Paese – conquistando il terzo di 5 seggi. Ma il 20 marzo, all’inizio delle vacanze di Nouruz, il capodanno iraniano, è arrivata la notizia che i suoi 193.399 voti erano stati cancellati. Senza spiegazione.
Secondo voci diffuse dai media locali, il motivo sarebbe l’accusa diffusa nei suoi confronti di aver stretto la mano ad un uomo mentre si trovava in viaggio all’estero o di non essersi coperta il capo con il velo. Ci sarebbero anche le foto, ma la deputata nega. Altri credono che la squalifica sia legata al fatto che ben due seggi a Isfahan sono stati vinti da donne e a qualcuno questo non piace. «C’è stato ogni genere di pettegolezzo immorale su di me, e diffamarmi così come musulmana è contro la legge islamica», ha detto l’interessata all’agenzia «Ilna». Ha aggiunto che «azioni come queste daranno l’impressione di purghe politiche che danneggeranno ingiustamente la reputazione della Repubblica Islamica».
Se Minoo Khaleghi non entrasse in parlamento il danno sarebbe relativo per il fronte del presidente moderato Hassan Rouhani, che per la prima volta dal 2004 è riuscito a spodestare i conservatori dal controllo del Parlamento. La sua «Lista della Speranza» infatti – secondo i dati diffusi ieri – risulterebbe il primo «partito» con 131 seggi: pur non controllando da solo la maggioranza, può arrivarci con l’appoggio di diversi deputati indipendenti che di fatto sono riformisti o moderati (soprattutto sulle questioni economiche) nonché di alcuni conservatori «pragmatici». La mancata conferma di Minoo peraltro porterebbe alla nomina, al suo posto, di un altro riformista.
Ma il problema è un altro: sarebbe secondo alcuni una ingerenza del Consiglio dei Guardiani, emanazione della Guida Suprema. La squalifica di Khaleghi sanzionerebbe l’autorità del Consiglio non solo di porre il veto sui candidati «critici del regime» prima del voto (come è accaduto a moltissimi riformisti), ma anche dopo l’elezione. «Non abbiamo mai visto una cosa simile – ha detto il viceministro dell’Interno Morteza Moballegh —. Non c’è legge che preveda la possibilità di annullare i voti di un politico eletto. Né è previsto dalla Costituzione, a meno che tutti voti di un seggio elettorale siano stati ritirati per una specifica ragione. I cittadini che hanno votato hanno diritto alla propria scelta e meritano una spiegazione». Addirittura il deputato Ali Motahari è arrivato a chiedere l’impeachment del Ministro dell’Interno se non difenderà «i diritti della nazione». Per ora sia il ministero che il presidente Rouhani sono intervenuti difendendo Minoo Khaleghi. Ma la disputa resta aperta.