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 2016  aprile 30 Sabato calendario

Kim Jong-un torna a sfidare gli Usa: condannato a 10 anni un americano accusato di spionaggio

A pochi giorni dal primo congresso del partito comunista dopo trentasei anni, il dittatore nordcoreano Kim Jong-un torna a sfidare gli Usa e ad appesantire le minacce contro la Corea del Sud. Le autorità di Pyongyang hanno condannato ieri a dieci anni di lavori forzati un cittadino americano che era accusato di spionaggio e sovversione. Kim Dong-Chui, 62 anni di origine nordcoreana, era stato arrestato in ottobre nella località di Rason, sulla costa orientale.
Secondo Pyongyang, l’uomo sarebbe stato in possesso di una chiavetta Usb che conteneva informazioni militari riservate su questioni di sicurezza nazionale, tra le quali anche la corsa atomica del regime.
Un mese fa la presunta spia aveva confessato pubblicamente i reati gravissimi dei quali era accusato: lo aveva fatto davanti alla televisione di Stato, ammettendo di essere stato pagato dai servizi segreti della Corea del Sud. La comunità internazionale ritiene però che simili confessioni non siano affatto spontanee ma vengano estorte con metodi illeciti come la tortura, e ha pertanto intimato alla Corea del Nord di liberare il condannato.
Sempre in marzo un altro studente Usa, Otto Warnier, è stato condannato a 15 anni di lavori forzati con l’accusa di aver rubato materiale propagandistico in un hotel di Pyongyang. La tensione tra Corea del Nord e Stati Uniti, impegnati in maxi esercitazioni navali congiunte con il Sud, sale dunque a livelli di allerta generale. Nelle ultime due settimane per due volte Pyongyang ha fallito il lancio di missili a medio raggio, e l’intelligence di Seul è convinta che un altro test atomico, nonostante le recenti sanzioni Onu, sia imminente. L’ulteriore escalation potrebbe verificarsi prima del 6 maggio, quando è annunciata l’apertura del congresso del partito- Stato del Nord, con cui Kim Jong-un punta a consolidare il proprio potere interno sull’esercito.
Cina e Russia intanto hanno respinto ieri il piano Usa di uno scudo anti-missile “Thaad” nella penisola coreana, a difesa degli alleati asiatici, definendolo «benzina gettata sul fuoco». Per Pyongyang arriva dunque un sostegno cruciale, non più scontato. Per sostenere con forza la tesi il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, allarga lo sguardo ben oltre la Corea del Nord: uno scudo missilistico in un area così delicata «colpirà la sicurezza strategica di Russia e Cina», dice al termine di un vertice con il ministro russo Lavrov. Immediata la replica del portavoce della Casa Bianca, Josh Earnest: «Il sistema sarebbe orientato verso la minaccia che arriva dalla Corea del Nord, non verso Cina o Russia».