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 2016  aprile 29 Venerdì calendario

Berlusconi ha cambiato idea un’altra volta e sosterrà a Roma Marchini e non più Bertolaso. La versione ufficiale è che la rinuncia di Bertolaso è avvenuta spontaneamente

Berlusconi ha cambiato idea un’altra volta e sosterrà a Roma Marchini e non più Bertolaso. La versione ufficiale è che la rinuncia di Bertolaso è avvenuta spontaneamente. Però nella notte tra mercoledì e giovedì, in palazzo Grazioli a Roma, c’è stato un lungo faccia a faccia tra il capo di Forza Italia e l’ex candidato (seguito da un incontro, in mattinata, tra Berlusconi e Marchini, e da un pranzo di Berlusconi con i big azzurri). Sondaggi alla mano, s’è deciso di rompere gli indugi. Oltre tutto Bertolaso, l’altro giorno, in una diretta su #Corrierelive era incorso nell’ennesima gaffe, dicendosi disponibile a fare l’assessore anche per Marchini o per la Raggi. Voleva dimostrare che il suo amore per la Capitale è superiore a qualunque logica di schieramento, ma naturalmente gli avversari hanno dato, di quelle parole, una lettura completamente diversa. Così l’avventura di Roma, per l’ex capo della Protezione civile, è finita.

Potrebbe fare il city manager per Marchini.
Sì, la cosa era anche stata ventilata nelle passate settimane. I comunicati di ieri lasciano aperti parecchi spiragli. Bertolaso stesso, nell’annunciare il suo ritiro, ha detto: «Ho deciso di sedermi in panchina». Come sappiamo chi siede in panchina può scendere in campo in ogni momento. Anche Forza Italia allude a possibili collaborazioni future tra Marchini e Bertolaso: «Con la stessa generosità e spirito di servizio con cui Guido Bertolaso aveva messo da parte progetti molto importanti per candidarsi a sindaco, oggi si è reso disponibile a ritirare la sua candidatura per convergere su quella nelle migliori condizioni per vincere. Per due volte, ha dimostrato grande responsabilità e amore per la città di Roma, che non dimenticheremo. D’altronde Roma e l’Italia avranno ancora bisogno di lui». Questa nota fa capire che le dimissioni non sono state proprio spontanee, dato che Bertolaso «si è reso disponibile a ritirare la candidatura». I sondaggi lo davano al 6%.  

Invece Marchini potrebbe vincere?
Chi lo sa. Quanto vale, veramente, l’appoggio di Forza Italia a Roma? Se è sul 6%, significa che Marchini, capace di suo di un 12%, viaggia intorno al 18. Giachetti dovrebbe stargli poco sopra, mentre la Raggi veleggia intorno al 22. La Meloni sta intorno al 20, e insomma a cinquanta giorni dal voto la lotta per i due posti del ballottaggio è apertissima. La Meloni sperava che Forza Italia convergesse su di lei e infatti il suo comunicato e quello di Salvini sono furibondi. Meloni: «Ci aspettiamo un’ulteriore semplificazione con la diretta e aperta convergenza di Alfio Marchini e di Forza Italia sul candidato del Pd e di Renzi, Roberto Giachetti». Salvini: «Renzi e Casini chiamano e Berlusconi risponde. Continua l’incredibile balletto di Fi che anche oggi cambia candidato».  

Che c’entra Casini?
Casini s’era già pronunciato per Marchini e l’altro giorno, con un’intervista a Repubblica, aveva invitato Berlusconi a fare lo stesso. Secondo lui, la rinuncia a Bertolaso e lo spostamento su Marchini avrebbero avuto un fine strategico: la creazione finalmente di un centro moderato che facesse asse con Verdini, Alfano e lui stesso. Questo centro moderato potrebbe poi o sostenere Renzi, come fanno Casini, Alfano e Verdini, o esercitare un’opposizione non populista. Questo polo, ispirato in tutto e per tutto al Partito Popolare Europeo, sarebbe di grande aiuto anche al premier Renzi, che vedrebbe diminuita la capacità di ricatto della sua sinistra interna e l’opposizione feroce del Movimento 5 Stelle. Sono ragionamenti di Casini, sia chiaro, ma non destituiti di fondamento, dato che l’uomo è un vecchio navigatore della politica italiana. Vanno anche messe nel conto le osservazioni puntuali fatte da Antonio Polito ieri sul Corriere: nessuna destra moderata nel mondo va d’accordo con la sua destra populista e non esiste una destra di governo che sia guidata da un estremista. L’operazione di Roma, dal punto di vista di Berlusconi, può quindi essere letta sotto una duplice lente. Primo, non cedere al ricatto dei due alleati Salvini-Meloni che, cercando di imporre un loro candidato, hanno in questo modo tentato di sottrarre a Berlusconi la leadership sulla destra. Secondo, mettersi al centro di un’aggregazione più vasta (almeno potenzialmente) che ricrei una formazione di destra moderata. E ricreare un rapporto con Renzi, cioè gettare le basi per un nuovo Patto del Nazareno.  

Come ha giustificato Berlusconi questo cambio di cavallo in corsa?
«Marchini era stato la nostra prima opzione, ed era caduta per i veti posti da un alleato della coalizione». Cioè, la Meloni. A suo tempo Marchini era stato accettato anche da Salvini.