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 2016  aprile 28 Giovedì calendario

L’ex magistrato Bruno Tinti dimostra, numeri alla mano, che ci sono un sacco di politici delinquenti

Sul sito Tgcom24.mediaset.it, calcolano in un numero variabile tra 90 e 120 gli inquisiti/condannati in Parlamento negli anni 2012/2013; sempre Tgcom24calcola in 80 questo numero nel solo 2015. Su un totale di 957 parlamentari la percentuale di delinquenza oggetto di indagini o accertata si aggira dunque tra il 9 e il 12%. Secondo l’Istat, nel 2014 le varie forze di polizia hanno denunciato 2.812.000 di reati. La popolazione adulta italiana (superiore a 14 anni) si aggira intorno ai 50.000.000. Poiché è ovvio che una sola persona commette in genere più reati, la percentuale di delinquenti si avvicina al 5%. Sicché la percentuale di delinquenza tra i parlamentari è più del doppio di quella tra i cittadini comuni. Se poi si dovesse calcolare lo sterminato numero di politici non parlamentari e tuttavia delinquenti, la categoria ne uscirebbe schiacciata.
Davigo non ha mai detto “tutti i politici rubano”, è una delle consuete mistificazioni della politica che chissà cosa avrebbe trovato da ridire se il presidente dell’Anm avesse detto “molti politici rubano”. Ma che tutti i politici “rubino”(salvo una ridotta percentuale) è provato da considerazioni giuridiche, etiche e politiche. È nella premessa che il 9/12% dei politici rubano. I loro colleghi che non hanno rubato possono essere al corrente del misfatto oppure no. Nel primo caso – quando sanno che il collega ha effettivamente rubato –non denunciarlo costituisce un reato (art. 361 del codice penale, punito con la risibile pena di una multa tra i 30 e i 516 euro; ma sempre reato è); se poi, chiamati a votare per consentire ai giudici l’utilizzabilità di intercettazioni telefoniche o autorizzare perquisizioni o arresti, negano l’una e l’altra, essendo consapevoli che il loro collega è un delinquente, commettono anche il reato di cui all’art. 378, favoreggiamento personale; che può essere aggravato se si tratta di reato di mafia. Non proprio “rubare”, come si vede; ma delinquere sì.
Nel secondo caso – quando non sanno che il collega ha commesso un reato ma vengono informati successivamente che si sta indagando su di lui e tuttavia non autorizzano arresti e utilizzabilità di intercettazioni, rifiutando inoltre di espellere dal partito l’indagato (e anche il condannato se è per questo) – la loro responsabilità è etica e politica. La consueta giustificazione – “aspettiamo la sentenza, c’è la presunzione di innocenza” – è a tutti gli effetti un’idiozia. Consentire a un indagato di continuare a rappresentare persone che hanno avuto fiducia in lui (l’hanno votato) significa accettare il rischio di affidare gli interessi, le speranze, i diritti di queste persone a un delinquente.
E “aspettare la sentenza” significa cacciarsi in quella situazione che fieramente i politici strillano di non voler accettare: “mai saremo subalterni alla magistratura”. Giustissimo. Dunque fate voi autonomamente quello che è giusto. Se non lo fate, forse non avrete “rubato” ma certo avrete aiutato molti ladri. Considerato che i politici non “graziati”dal Parlamento si contano sulle dita di una mano di un infortunato sul lavoro, che –quasi –tutti “rubino” è una realtà.
Certo c’è il rischio dell’errore; rischio modesto, quando ci sono le intercettazioni diviene quasi sempre certezza. Ma l’alter – nativa è quella di lasciare per anni i delinquenti a farla da padroni nei posti di potere; e ad attivarsi alacremente per continuare a giovarsi della prescrizione. Metodo infallibile per poter poi proclamare senza vergogna (copyright Davigo): “Sono innocente”.