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 2016  aprile 28 Giovedì calendario

Un attestato che certifica che potresti parlare anche con Cicerone. Perché, chécché se ne dica, il latino è ancora utile

Un certificato che attesta la conoscenza del latino, con quattro diversi livelli di competenza. Qualcosa di molto simile agli esami “Cambridge Esol” per l’inglese o al Delf per il francese, ma che in questo caso attesta la conoscenza della lingua di Cicerone. L’iniziativa è promossa dalla Cusl, la consulta universitaria per gli studi latini che sulla base di un accordo con il provveditorato agli studi e alcuni atenei, ieri ha organizzato il test in dieci sedi della Lombardia. Si sono presentati in 750 per valutare il proprio livello: «Un numero destinato a crescere – dice Guido Milanese, uno dei due responsabili nazionali della Cusl e professore alla facoltà di scienze linguistiche della Cattolica – anche perché può essere un elemento spendibile a livello di curriculum. Ci sono aziende, in particolare all’estero, che tengono in considerazione la conoscenza del latino».
Ad essere convinti dell’utilità di una certificazione di questo tipo, dunque, è anche il mondo imprenditoriale: «In un mercato del lavoro che è molto dinamico il latino è la disciplina che per eccellenza denota capacità di ragionare e di logica – conferma Giuseppe Bruno, general manager di Info Jobs, portale di ricerca lavoro specializzato – fa capire a un’azienda può investire su un candidato perché è una cartina di tornasole che indica le sue potenziali capacità».
E così davanti ai licei milanesi – cinque di questi sono stati sede delle prova ieri – si sono presentati in tanti. Soprattutto studenti delle superiori, anche se il test era aperto a tutti. Valeria Monti, 18 anni, fa la quinta dal liceo scientifico Iris Versari di Cesano Maderno. «Secondo me nel curriculum conta, io sono qui per questo – ha spiegato – non ho ancora idee precise su cosa andrò a fare, ma sicuramente mi piacerebbe studiare Lettere o qualcosa di simile».
Il modello su cui si basa il test è molto lontano dalla classica valutazione delle competenze di latino che solitamente si fa nei licei. Niente traduzione né vocabolario per i primi tre livelli: i ragazzi si sono cimentati in esercizi che servivano a dimostrare se avessero capito o meno il testo presentato. Quindi trasformazioni delle frasi da una forma linguistica a un’altra, domande con risposta vero o falso, buchi di un testo da riempire con le parole giuste. Diverso invece il discorso per il quarto livello, più avanzato, in cui gli studenti si sono trovati davanti anche un testo da tradurre. «C’è sicuramente una componente di educazione linguistica, in questa iniziativa – spiega ancora Milanese – secondo me bisogna insistere non tanto sul latino chiuso nel mondo classico, quanto piuttosto su tutta la cultura europea, fino al romanticismo. Basti pensare agli scritti di Vico, Cartesio o Spinoza. Pensi che lo scorso anno a Londra, durante un seminario, mi sono divertito presentando un quiz a dei ragazzi inglesi. Ho messo davanti a loro un testo in latino, chiedendo chi fosse l’autore. Nessuno ha indovinato che si trattava di Newton».
Per sostenere la prova, gli iscritti non hanno pagato nulla e tutto si è basato sul lavoro volontario dei professori delle varie scuole e dei dirigenti scolastici che hanno messo a disposizione gli spazi. Come Ilaria Torzi, docente del liceo Vittorio Veneto e membro della commissione che correggerà le prove: «Lo facciamo perché siamo convinti dell’utilità del latino: è la base linguistica e culturale dell’Europa, qualcosa di molto importante se si pensa alla crisi di valori che stiamo attraversando come cittadini europei».